Duke Ellington diceva del jazz che si paragoni bene a quel tipo d’uomo con cui non vorreste mai far uscire vostra figlia: seducente, oscuro ed appassionante, eppure drammaticamente tormentato. La voce e l’animo di Amy Winehouse, che avrebbe compiuto oggi 33 anni, sono lo spartito di un brano jazz che corre e si rincorre, si avvolge per risolversi e ancora spingersi continuamente irrequieto fra picchi e profondità.

Iconoclasta, musa dal look pin-up e dal talento irresistibile, Amy è scomparsa cinque anni fa, avvelenata dal suo stesso amore prepotente per chi le fosse accanto, vittima di una relazione precipitosa, un rapporto con il padre tanto empatico, quanto deleterio, e dipendenze in cui affogava il blu del suo dolore. Il sound delle sue opere si tinge di influenze soul, spiritual, blues e swing, ereditando l’insegnamento di mostri sacri come Ella Fitzgerald, Etta JamesBillie Holiday, facendolo riecheggiare gloriosamente nella sua classica attualità.

Per celebrare Amy, vogliamo riviverne dieci performance di straordinaria bellezza, riascoltandole come fosse ancora in studio di registrazione nella sua Londra, pronta a regalarci altri album memorabili.

10. Wake Up AloneLive @ Glastonbury (2008)

Con questa potreste commuovervi. Rende bene il concetto la frase pronunciata da Julia Roberts a Hugh Grant in Notting Hill: “Sono una semplice ragazza che sta di fronte a un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla”. Chiudiamo questa classifica con la dolcezza che Amy avrebbe meritato e, ingiustamente, non le è stata ricambiata, mentre canta alla notte consumata dal suo sentimento, domandando quanto di più essenziale esista nella vita: di essere guardata come lei guarda al mondo.

9. Stronger Than MeLive @ Jools Holland

Una giovanissima Amy presenta il suo singolo di debutto, estratto dal primo album Frank. L’incipit della storia è sempre lo stesso, il tormento di un uomo che, invece di prendersi cura di lei, infantilmente agisce da diva bisognosa. La cantante ha devoluto la propria vita all’amore più puro, genuino e profondo, lasciandosi stravolgere dalla forza distruttrice della separazione.

8. Me & Mr. JonesLive @ Isle of Wight (2007)

Il pezzo ne riprende un altro altrettanto celebre, Me and Mrs. Jones, dedicato ad una relazione extra-coniugale fra un uomo ed una donna sposata. La Winehouse lo parafrasa e ne realizza una versione estremamente personale, in cui ribadisce di non essere colpita dalla fine di un rapporto -pur cantandone- , di cui, tuttavia, vuole essere protagonista assoluta (“Nobody stands in between me and my man. Cause it’s me and Mr. Jones”).

7. RehabLive @ David Letterman

Il singolo che l’ha portata alla ribalta è anche uno dei più onesti circa la propria condizione psico-fisica, composto insieme alla poetessa e musicista americana Erzsebet Beck: la Winehouse, alcolista, più volte si era sentita richiedere dai manager di intraprendere un percorso di riabilitazione, così da rimettersi in sesto. In clinica ci è andata, pur controvoglia, per quindici minuti, raccontando che i suoi problemi col bere fossero legati al fatto che fosse innamorata, e che un amore finito non potesse curarsi che in questo modo.

6. Tears Dry On Their OwnLive @ Other Voices (2006)

Altro esempio lampante di quanto superfluo sia un apparato scenico, laddove cuore ed energia divampino così infiammati. L’artista canta: “I cannot play myself again, I should just be my own best friend. Not fuck myself in the head with stupid men”, ad asciugare da sola le proprie lacrime, rivendicando una forza interiore in battaglia contro abbandoni laceranti. Contro la sconfitta, la riconquista della propria consapevolezza e di una bontà preziosa, messa a disposizione e sempre maltrattata.

5. You know I’m no good – Live @ Shepherds Bush Empire (2007)

Una delle doti della Winehouse è sempre stata quella di sapersi connettere perfettamente alle sensazioni del pubblico, lasciandosi amare nella propria fragilità, malcelata sotto l’atteggiamento da bad girl incline ad una vita letterariamente dannata. Amy sa farsi capire e giustificare per i suoi errori, perché you know she’s no good.

4. Back To BlackLive (2008)

Procedete nell’ascolto di questo live sino alla fine e vi saranno venuti i brividi. Il pezzo dà il nome al secondo album in studio dell’artista, uno dei più celebri nella sua carriera ed autobiografico, ispirato dalla dolorosa rottura con l’eterno fidanzato -poi marito, Blake Fielder-Civil. Amy vive e racconta ogni parola dei testi che canta, come esorcizzando il diario della propria vita: “You go back to her, and I go back to black”.

3. Valerie feat. Mark RonsonLive @ Brit Awards (2008)

La scenografia e l’orchestra di sfondo arricchiscono una presenza che, di per sé, non necessiterebbe di altre decorazioni. Amy risplende e sfodera senza sforzo una potenza vocale che riempie la platea dei Brit Awards, accompagnata alla chitarra da un emozionato Mark Ronson ed intonando un brano che, qualche anno più tardi, Bruno Mars le avrebbe dedicato commosso.

2. Body and SoulDuets II: The Great Performances

Il brano è un capolavoro jazz degli anni ’30, già registrato da Louis Armstrong e reinterpretato, fra i tanti, anche da Frank Sinatra. Il duetto fra il crooner Bennett e la Winehouse è incluso nell’abum Duets II dell’artista e, pur non trattandosi a tutti gli effetti di un live (il pezzo è stato pubblicato il 14 Settembre 2011, soltanto due mesi dopo la scomparsa della cantante), questa rimane un’esibizione di impeccabile maestria.

1. Love Is A Losing GameLive @ Mercury Prize (2007)

La versione acustica di un brano sofferto, dedicato all’amore di cui si era ripromessa mai avrebbe cantato. Chitarra e voce, candidata al premio con l’album Back to Black, pur non aggiudicandosi la vittoria (andata ai Klaxons con Myths of The Near Future), vinse palco e pubblico.