Parlare di The Man Who Died In His Boat è difficile come parlare di un’emozione. Esiste forse un modo corretto per descrivere un’emozione? No. Allo stesso modo non esiste un modo corretto per descrivere The Man Who Died In His Boat, album che è un distillato di emozioni così pure da rendere impossibile dar loro un nome.

Proprio come un’emozione, può sia distruggere che lasciare indifferenti, addirittura annoiare. O ci si predispone ad aprirsi completamente a quest’emozione chiamata The Man Who Died In His Boat e a lasciarsi rapire da essa o, se si presta un orecchio distratto, quest’emozione passerà senza lasciare segno del suo passaggio, forse addirittura darà noia per l’estetica ripetitiva e fondamentalmente prevedibile del suo suono. Invece The Man Who Died In His Boat chiede l’unico sacrificio di abbandonarsi completamente ad esso prima di trascinare in una profonda esplorazione di angoli ignoti della propria sfera emotiva. Già l’incipit di Vital, prima vera canzone dell’album, è una lama al cuore che dà inizio alla struggente commozione che accompagna fino agli ultimi secondi del disco e diviene particolarmente intensa in Towers.

Di The Man Who Died In His Boat potremo dire che è fondamentalmente un album drone folk, che è composto dalle outtake di Dragging A Dead Deer Up A Hill (album del 2008 di Grouper), che, benché siano outtake, questo è comunque il miglior album di Grouper. Dettagli. Quello che rimane dell’album sono i momenti e le sensazioni soggettive che li circondano. A guidarlo ci sono sono Vital, Cloud In Places, Cover The Long Way e Towers: semplicemente chitarra acustica e voce, ma coperte da un riverbero vastissimo e al contempo dosato alla perfezione, che amplifica oltremodo ogni sensazione di questi quattro brani portandoli in una dimensione eterea e così intensa da annichilire l’anima. La title-track prosegue sulla stessa linea, mentre la conclusiva Living Room se ne discosta appena per la nitidezza dell’arpeggio e del cantato. In Being Her Shadow, Difference (Voices) e STS si abbandona la forma canzone con una chitarra dronizzata dal delay e una voce così sommersa da risultare quasi un impalpabile fattore ambientale. 6 e Vanishing Point (quest’ultima unico vero punto debole dell’album) sono rispettivamente un introduzione a un interludio che sconfinano nell’ambient più classica.

Un’album da ascoltare con attenzione, stesi ad occhi chiusi o un’album da cui lasciarsi cullare fino al sonno. Non è importante come si vive The Man Who Died In His Boat, l’importante è concedersi di viverselo. Ognuno ne farà tesoro in modo diverso, ma è un’esperienza musicale ed emotiva tanto immancabile quanto effimera di cui nessuno vorrebbe privarsi.

Tracce consigliates: VitalCloud In Places,