IMG_1432Pics by 35mm Creative Lab | http://www.35mmcreativelab.com/

L’estate il sole il mare i concerti l’afa le zanzare i posti di blocco. Preso atto dei pro e dei contro, attraverso tutte le fasce climatiche che l’Abruzzo offre a partire dai 25°C di L’Aquila fino ai 40 di Pescara, che questa sera ci accoglie con un’umidità percepita che oserei definire esotica, nel senso che pare di stare a Bombay.
A pochi passi dalla Riviera Nord, la pineta all’ingresso del Parco Le Naiadi brulica di giovani donne incuranti della canicola e in balia degli ormoni al pensiero di Paolo Nutini a sudare sul palco di Onde Sonore. Sì, è vero, dato che sono qui è lecito che sorga il dubbio che anch’io faccia parte della categoria. No, non è vero, la coda all’ingresso è inaspettatamente variegata per genere, età e presunto orientamento sessuale.

La storia inizia con la defezione dei Thegiornalisti, previsti in apertura all’artista scozzese insieme a Levante. A un sintetico annuncio via Facebook della band romana, a un giorno dall’evento, non seguono conferme ne’ smentite da parte degli organizzatori del festival. Per innata fame di gossip indagherò parecchio in giro durante la serata, senza grossi risultati. Fatto sta che più o meno alle 21.15 ad aprire la serata è la cantautrice torinese.
Con disappunto della fetta maschile di presenti, non è svestita come il clima imporrebbe. Sale in scena da sola, jeans, camicia azzurro pastello e chitarra acustica ton sur ton, ma l’aria da soffice marshmallow è ingannevole: Levante riempie il sotto palco in un attimo, e poco dopo incanta il parco intero con l’energia del suo timbro pieno e impeccabile. Nella mezz’ora a sua disposizione snocciola i brani di entrambi i suoi album, non manca il tormentone Alfonso (a distanza di due anni da quel 2013 in cui esordì, in molti ancora si dimostrano ben felici quando hanno l’occasione di gridare un catartico “che vita di merda” insieme a lei), e di certo non mancano i due singoli estratti dal nuovo disco (Ciao Per Sempre, Le Lacrime Non Macchiano), che non possono contare su un ritornello altrettanto furbo, ma io vi sfido ad ascoltarli più di un paio di volte ed evitare che vi si attacchino in testa.

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A un quarto d’ora circa dal saluto di Levante fa il suo ingresso il protagonista della serata, preceduto da un breve intro sulle cui note si schiera il suo esercito di musicisti, basso, batteria e due chitarre, coro, tre elementi in sezione fiati, ampio armamentario di synth.

Se Caustic Love ci aveva lasciati un po’ interdetti nel suo peccare spesso di manierismo, il sound retro-funk di Scream e Let Me Down Easy snocciolate in sequenza si rivelano in fin dei conti il giusto energico preludio a ciò che Nutini sembra adesso in grado di proporre in versione live. Complici uno scenografico apparato di luci di scena e un suono gestito magistralmente dai tecnici, quella di stasera risulterà essere un’ottima performance, coinvolgente e senza cali di tensione. La considerazione suddetta non ha nulla a che vedere col fatto che il soggetto in questione è uno strafigo con la faccia da schiaffi che con l’età sembra solo migliorare, osservazione personale che però ad onor di cronaca mi sento in dovere di riportare.

Lo show è ben costruito tra un inizio propulsivo che lascia poi spazio ad atmosfere più intime. Paolino spara subito le cartucce più adatte, attingendo anche al passato (Coming Up Easy, Jenny Don’t Be Hasty), rivisitando alcuni episodi (su un interludio a base di synth accenna le linee vocali di New Shoes senza però concedercela per intero) ma lasciando comunque lo spazio più ampio ai brani del recente Caustic Love e al suo mood vintage. Dal soul pulito di Looking For Something alla carica black di Diana, passando per le ballatone One Day e Better Man e esplodendo in chiusura con la suggestiva Iron Sky, Paolo esegue il repertorio senza soluzione di continuità tra un brano e l’altro, tanto disinvolto mentre canta quanto schivo al momento di scambiare due parole col suo pubblico, ma non c’è bisogno di molte chiacchiere per mantenere alta l’attenzione quando la musica la fa da padrone e lui sfoggia barba incolta e camicia hipster d’ordinanza (‘che io credevo che certi esemplari di femmina si potessero osservare da vicino solo avventurandosi a un concerto degli One Direction, e invece mi ritrovo ora accanto a un paio di indemoniate over 40 che gridano ad ogni bottone che si slaccia).
L’encore è in acustico, luci basse e chitarra, la platea si scioglie sulla doppietta Tricks of the Trade / Candy. A una seconda uscita di scena seguono poi altri due brani: una piacevole versione di Guarda che Luna, resa ancor più d’effetto dagli strascichi anglofoni dell’italiano di Paolo e dall’incursione di una tromba, e la chiusura che tutti si aspettavano con Last Request, tra canti a squarciagola, accendini, stronzi che fanno video integrali con lo smartphone, tutto in piena regola.

Con buona pace di chi rimpiange gli esordi in chiave brit-pop, la veste di soulman puro che ha ormai scelto sembra la migliore da indossare sul palco per un Nutini che in passato faticava a tenere in pugno lo spettatore fino alla fine.

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