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Mamma mia quanti schiaffi!

King Krule esce sul palco con l’arroganza e la spocchia di chi sa che sta per spaccare tutto. Camminata da malandrino, abbottonatissimo, e quella capocchia rossa che strisceresti sulla carta vetrata fino a farle prendere fuoco. Lattina di birra ignorante in mano e partono le prime note.

Primo brano Has This Hit? e viene subito voglia di lanciargli una transenna addosso. Cadenzatissimo, accento suburbano portato al limite – con gran disinvoltura –  ed ecco che il suo talento si divora Milano già alla seconda strofa.

“Quanti schiaffi”, si diceva.

Tanti quelli che hanno tirato lui e la sua band a tutto il Circolo Magnoliasold out per l’occasione. Pacche di grancassa e rullante da una parte, e basso dall’altra che ha fatto vibrare teloni e americane. Chitarra con immancabili riverberi e delay, ma mai deprimente. A tratti atmosfere slow jazz, a tratti funk. Vecchie glorie del suo repertorio come Rock Bottom, Bsides come La Luna e presentazione in grande stile di 6 feet beneath the moon con una versione meno depressa di Easy Easy che, in parte rivisitata, dal vivo ha regalato attimi quasi da jam session. E poi Baby Blue, un saluto a Kurt Cobain ed un “Grazi” con la siga accesa in bocca.

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Noi lì, tra le ultime file, ad ascoltare. E abbiamo ascoltato un’oretta di gran bella roba! Una band, prima di tutto, che ha dato ancora più sostanza ad un artista, a mio avviso, assolutamente unico, che però conoscevamo solo su cd. Abbiamo ascoltato un ragazzino casual che mostra cultura musicale e soprattutto che canta e suona come un adulto. Dirompente sul palco, grida e sbraita con sofferenza, ma concede anche attimi più pacati, dando l’impressione di divertirsi parecchio.

Un tocco di rosso che cade proprio a fagiuolo sotto questo cielo grigio.

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