ANDREW BIRD
HANDS OF GLORY – Mom & Pop

Mentre ancora risuonano nelle nostre orecchie le note di Break It Yourself, uscito lo scorso marzo e apprezzato dalla critica tutta, Andrew Bird decide di deliziare i nostri pomeriggi autunnali con un nuovo album.
Hands Of Glory – questo il titolo – contiene otto tracce fra inediti, rivisitazioni di vecchi pezzi e cover di canzoni tratte dal repertorio del tipico folk e country americano (Carter Family, The Handsom Family, Alpha Consumer) tanto amate dal violinista e già suonate nelle tappe dell’ultimo tour.
Hands Of Glory rappresenta quindi un accompagnamento all’album precedente e al tour dello stesso, non tanto un prosieguo quanto più un percorso parallelo, una strada secondaria che comunque andava percorsa; esso è infatti ispirato a quegli old time sets dei live shows in cui il musicista non solo suonava ma riportava anche in vita la musica delle radici a stelle e strisce, reinterpretandola.
Ecco dunque Andrew registrare con la sua band in presa diretta attorno ad un unico microfono, ora in una chiesa, ora in un granaio (lo stesso che ispirò e vide la nascita di Break It Yourself).
I toni sono meno gioviali del solito (a parte l’eccezione della bluegrass Railroad Bill): mai uno dei tipici fischiettii, un alone mistico e meditativo aleggia su ogni pezzo; la luce brilla dentro quel granaio ma ognuno deve andare a prendersela da sé (come lascia intuire anche la cover).
Le abilità canore, compositive ed esecutive di Bird sono assolutamente fuori da ogni discussione. La sua voce e il suo violino, ora stridente ora pizzicato, si lasciano apprezzare nel soave inedito Something Biblical, una delle tracce migliori insieme a Three White Horses che apre l’album con cori rasenti il gospel e assoli d’archetto riecheggianti dal profondo.
Orpheo – rivisitazione di Orpheo Looks Back, uno dei migliori pezzi di Break It Yourself si fa emblema di quella quiete riflessiva già accennata prima: spogliata di tutti gli intricati ornamenti della versione originale ne esce una traccia delicata, nella cui nota finale voce e violino si fanno tutt’uno: “If it drives you mad, It’ll probably pass”.
Beyond The Valley Of The Three White Horses ci ricorda che spesso 10 minuti di musica possono essere molto più densi ed eloquenti di 10 minuti di parole.
Andrew Bird si riconferma per l’ennesima volta un maestro di quella musica che scansa tutti i trend e se ne frega degli album dell’anno, maestro di sentimento e sincerità, maestro nell’arrivare direttamente nell’intimo dell’ascoltatore.
Andrew Bird è un uomo che se non potesse parlare attraverso la musica se ne starebbe in silenzio.