Cosa decidi di fare quando in un album che stai ascoltando ritrovi la voce di George W. Bush distorta su base techno che inneggia alla pace proprio dopo aver disposto la mobilitazione delle truppe in Iraq risalente ad un suo discorso agli americani nel 2003? Fingi indifferenza?
Alex Menzies meglio conosciuto come Alex Smoke in questa situazione si cala nei panni di Wraetlic.

Il produttore scozzese pone il cappuccio nero sulla fronte, se qualcuno gli chiede come mai risponde che non ama la luce del sole, almeno per adesso, e quando gli amici gli chiedono di uscire dice che non ha voglia, ha delle cose da finire.. Ha da sperimentare, ecco.

Smoke forgia 11 tracce di techno oscura e malata in alcuni episodi, inquietante al punto giusto, nel senso che ci ripensi e ci ripensi e un po’ ti vengono i brividi e un po’ vorresti riascoltarla. E a quel punto si, la riascolti e va tutto bene, intrattiene ma non ci trovi niente di speciale. Ma poi ci ripensi. Non è un grandissimo album questo Wraetlic, proprio perchè manca qualcosa, proprio perchè sì, un po’ spaventa ma soprattutto verso la fine, all’inizio non lo diresti. Forse il danno risiede nella parte vocale, non che non si amalgami bene con la componente strumentale dato che il tono scuro e distorto combacia, solo che i sintetizzatori, le bassline, le drum machine sono potenti, piene, meccaniche e appartengono ad un habitat incontaminato e senza vita dove il calore della voce umana stona. Avendolo capito, da produttore intelligente quale è, Smoke cerca di estrarre da questa tutta la componente animale possibile, rendendola quasi un mero strumento, riuscendoci in parte.
La parte elettronica infatti è perfettamente curata, i drums sono precisi e puliti, tagliano perfettamente la melodia e colpiscono sempre per la loro coerenza, i synth seguono sempre una linea retta e melancolica… Ecco, questo curare troppo quello che già in partenza viene definito un lavoro “oscuro” è il vero problema dell’album, che manca di vie di fuga, di ispirazioni vere e proprie e di colpi di genio restando un po’ nell’anonimato con ogni traccia, non ce n’è infatti una in particolar modo che spicca e questo dispiace. L’unico modo di apprezzare a pieno questo album è quello di immedesimarsi completamente nell’ombra e non è facile perchè, bisogna ammetterlo, il mood che Wraetlic riesce ad imprigionare all’interno del suo self-titled è composto da sentimenti malinconici che il produttore ammette di aver vissuto sulla sua stessa pelle nel momento di composizione del disco, e che noi riusciamo a capire a sprazzi, a meno che non stiamo vivendo le sue stesse situazioni.

In ogni caso l’ascolto di questo disco riesce ad avere un fascino tutto suo, come l’esplorazione di ogni cosa che riesca a portare inquietudine e paranoia nelle nostre menti, perchè sta nella natura umana l’amore per ciò che lo mette a disagio.

Tracce consigliates: Rats, Refrain