Dopo l’esordio discografico, datato 2014, intitolato Over, Again, i californiani Wild Moth pubblicano il loro sophomore Inhibitor. Le linee guida dei WM erano post-punk orientato verso l’hardcore (Iceage) mescolato con gran sapienza allo shoegaze pre-Isn’t Anything dei My Bloody Valetine (Broken Water, Whirr), prediligendo il core al gaze.

L’evoluzione si è sentita, non drasticamente, aprendo gli orizzonti e lasciando spazio a nuove influenze: se da una parte riusciamo a sentire ancora i My Bloody Valentine del periodo You Made Me Realise (Mirror, Drain) e dall’altro lato percepiamo più viva l’influenza punk-hardcore (Gallery Of Walls), la propensione verso generi affini come il post-hardcore/emo (Thinner, You Found Out) dove potrebbero anche ricordare i più recenti Title Fight (Buried), e il post-grunge (Hello Star) sono una bella iniezione di freschezza nell’orecchie.

Il problema del disco si presenta quando, oltre a tutto questo, si aggiungono dei pezzi molto simili ai Sonic Youth di EVOL ed altri che strizzano l’occhio all’alternative rock/lo-fi americano di metà anni ’90 (Superchunk, Built To Spill, Pavement), inizia a diventare davvero pesante e sfacettato. I WM non hanno perso il vizio di creare dei brevi brani di stacco tra l’ambientale e il wall-of sound che nel precedente lavoro erano molto utili come intro a delle tracce, in questo caso però, rendono il lavoro ancora più multiforme, togliendo quel poco di uniformità che erano riusciti a creare. Tanti buoni pezzi ancora troppo grezzi.

Traccia consigliata: You Found Out