Siete mai capitati sul canale YouTube di David Dean Burkhart? Se rispondete di no, probabilmente ci siete passati comunque. Si tratta di un ragazzo che scova su Bandcamp e Soundcloud artisti, realizza anche dei video non ufficiali con materiale trovato su internet (cc: Taro degli Alt-J) o promuove i nuovi singoli di band che apprezza. L’importante è che si sposino con il flow del canale: musica spesso soft, dreamy, mellow di facile ascolto una via di mezzo tra Real Estate, Beach House e chillwave, tanto per generalizzare. Bene, Altogether sembra registrato apposta per finire nelle sue rotazioni YouTube e Spotify, per piacere ai fan di Toro Y Moi, Real Estate, Craft Spells e Men I Trust, non fosse altro che parliamo di artisti che hanno ormai trovato la propria identità e riescono sempre a sfornare lavori gradevoli.

Non so voi, ma quando è stato pubblicato il video di Much After Feeling, primo singolo di questo Altogether, ho avuto un brivido. Non per la canzone in sé, estremamente gradevole nonostante uscisse di parecchio dal territorio normalmente battuto dai Turnover, ma proprio per quanto vedevo scorrere a schermo: estetica VHS, colori pastello slavati, una distesa d’acqua con alcune sfere (?) al suo interno, la tizia della copertina che fa mosse stravaganti e lui, Austin Getz, il leader della band, che impacciato guarda in camera, i capelli al vento. È stato in quel momento che ho avuto un brivido e ho capito che i Turnover che ho imparato ad amare non esistono più, e che quel capolavoro di Peripheral Vision, uno degli album emo più riusciti degli anni Dieci, ha fatto più danni che altro. Che quelle chitarre avevano ormai fatto più danni che altro.

I Turnover di Altogether sembrano smarriti: l’album si apre con Still In Motion, chitarre limpide, un basso sbarazzino e 3:46 di attesa per un hook, un momento del brano da ricordare, che non arriva mai. Much After Feeling è il pezzo che osa di più, e finirà per essere il momento più alto dell’album. Certo, niente di paragonabile a Dizzy On The Comedown, Humming o anche solo Super Natural, però è un bell’ascoltare e rimane in mente. Lo stesso non si può dire per Parties, Valley Of The Moon e No Reply, tutte uguali tra loro con le chitarrine™ alla Real Estate e il mood da grigliata d’agosto. Sending Me Right Back strizza l’occhio al city pop giapponese musicalmente, ma pecca della stessa mancanza d’ispirazione sulle melodie che caratterizza il resto di Altogether. La conclusiva Temporary Love è la bava di lumaca che trascina lentamente l’album verso la conclusione.

Restano a margine gli altri due singoli: Number Of The Gate dimostra che con l’attenzione e le idee giuste anche questi pezzi-fotocopia possono funzionare (hook che si appiccica in testa e groove che tiene botta), Plant Sugar sembra uscita da Clash The Truth dei Beach Fossils, e in questa melma tutta uguale risulta almeno qualcosa di diverso. La cosa che da più fastidio è che i brani riusciti sono davvero riusciti: roba che bastava un EP, tanto per tastare il terreno. Insomma, Altogether è un pasticcio che scivola via senza fare male e lasciare traccia, un bignami di chitarrine™ e riverberi senza senso se non quello di essere fotocopie di roba fatta meglio. Guardate la copertina e guardate il video di Much After Feeling, perché questo disco è così: fuori fuoco, banale, incomprensibile, storto, pure un pochino cringe.

Tracce consigliate: Number Of The Gate, Much After Feeling