Ogni volta è la stessa storia, mi riprometto di essere oggettivo, di lasciare da parte il più possibile il lato personale che mi lega a Tim Hecker. Magari per qualche istante mi illudo anche di poterci riuscire, ma poi premo play e vengo sopraffatto da una tempesta che eleva il corpo e la mente. È successo di nuovo con Love Streams.
Con questo ottavo album (sorprendentemente fuori via 4AD e non Kranky) Hecker muove altri passi verso una lodevole evoluzione del proprio sound, senza però mai rischiare di snaturarne la cifra stilistica. Love Streams è un divenire fluido, diviso in tracce certo, perché è così che funziona, ma, come Hecker ci ha da sempre insegnato, è da concepire come un’unica composizione di pancia, di testa, di cuore.
Ancora una volta, i classici elementi della musica di Hecker si accostano genuinamente e felicemente ad elementi figli di ricerca e sperimentazione. C’è il rumore bianco, ci sono i droni fumosi, ma anche delle bordate noise che destabilizzano e spezzano il fiato, c’è una sporcizia latente in ogni strato sonoro che profuma di sbaglio, che puzza di umano; compaiono anche sintetizzatori il cui suono, seppur annegato nel riverbero, rimane riconoscibile, e poi ancora chitarre distorte e voci al limite del sacrale. Arpeggiatori fuori controllo che paiono figli dell’ultimo Oneohtrix Point Never si allontanano nell’aria (Bijie Dream) o si tramutano in iraconde e distorte stilettate alle orecchie (Live Leak Instrumental), fiati diventano ben presto rumorismi graffianti (Obsidian Counterpoint); voci tessono trame imperscrutabili tra un magnificente purgatorio (Music Of The Air) e un inquietante oltretomba (Violet Monumental I), intrecciandosi infine, senza soluzione di continuità, alle sei corde (Voice Crack). Castrati Stack, non a caso scelta come singolo di lancio, ha il pregio di racchiudere tutti questi elementi in soli quattro minuti, divenendo il cuore pulsante della composizione. La coda è tutta per l’accozzaglia dissonante e rumorosa di Collapse Sonata e per le voci di Black Phase le quali, come anime dannate, cercano di fuggire da un girone infernale e dalla loro assordante pena sonora.
Nella sua interezza, nella sua disarmante totalità, Love Streams è l’ennesima opera perfetta.
Forse, alla fine, è proprio questa la forza di Hecker: attraverso le sue composizioni ti mette di fronte al tuo io, non c’è scampo con la sua musica; arriva un certo punto in cui ti ritrovi inevitabilmente a fare i conti con te stesso. Inutile spendere altre parole, sarebbe una forzatura.
È che in fondo non posso proprio farne a meno.
Grazie Tim, alla prossima.
Tracce consigliate: Music Of The Air, Castrati Stack, Black Phase