Siamo nel nord dell’Inghilterra, ai confini con la Scozia, precisamente nel Northumberland. Avete presente la terra dei castelli medievali, leggende sugli elfi, musica celtica e folk? Bene, dimenticate tutto, o quasi! Dimenticate almeno quel folk tradizionale e “stereotipato” al quale state pensando. Le sorelle Unthank, infatti, intendono il folk e quel suo alone misterioso come punto di partenza per qualcosa di nuovo. Se il loro precedente lavoro Last era stato un album pieno di contaminazioni, con questo Mount the Air si sono davvero spinte oltre. Figlio di una preparazione durata quasi due anni, dovuta alla creazione della loro etichetta e del loro studio personale – ricavato nel fienile della loro fattoria –, quest’album sembra avere l’ambizione nascosta di voler diventare una pietra miliare di una sorta di nuova musica folk-fusion. Della tradizione folk ritroviamo certo le atmosfere malinconiche, le intenzioni sognanti e i delicati incroci delle line vocali e degli archi, ma solo come punto di partenza per qualcos’altro. Tempo addietro Uncut scriveva di loro: “Sembrano intendere il folk nello stesso modo in cui Miles Davis intendeva il jazz: una piattaforma di lancio per le possibilità più disparate” e, in effetti, è proprio quello che hanno fatto. Undici brani che viaggiano in direzioni diverse ma accumunati da un’atmosfera unica e dettagli “ricamati a mano”.

Vi è forse sembrato eccessivo il paragone tra le Unthanks e Davis? Bene, allora parliamo di coincidenze! Il titolo del brano che dà il nome a tutto il lavoro – appunto Mount the air – è in realtà un verso di una della più tradizionali canzoni folks inglesi, inciso per la prima volta nel 1959. E, proprio in quell’anno, Davis incideva l’album che ridefinì i canoni del jazz e del fusion Sketches of Spain. Così, sempre per coincidenza, Mount the Air sembra essere davvero un tradizionale brano folk immerso per dieci minuti nelle trombe malinconiche e solitarie del leggendario jazzista (vedere per credere Concierto de Aranjuez ). Dieci minuti lunghi un viaggio attraverso il traditional folk e il jazz, passando per altre influenze e contaminazioni fino ad arrivare alle voci e al sound unico delle due sorelle inglesi. Ma non è solo questo brano ad essere notevole. Dopo quest’apertura, il disco mantiene le aspettative e continua un percorso tra ambientazioni malinconiche, pianoforti, giri di contrabbasso morbidi e batterie spazzolate delicatamente, oltre che corni, violini e qualche pizzico di ritmiche trip-hop come in Flutter – una sorta di elaborazione del folk in chiave Portishead – . Brano dopo brano, si intravedono nuove direzioni, rimanendo però sempre legati a quel folk intimo e sognante, come in Poor Stranger o Last Lullaby. Una produzione articolata e complessa, che allo stesso tempo risulta molto facile all’ascolto. Un plauso speciale va fatto alle ballad al piano – come Died for Love – che si dimostrano essere il vero punto forte dell’album grazie a dei buoni arrangiamenti e ai vocal delicati.

Insomma, se il filone che negli ultimi anni ha riportato in auge il folk e il country in chiave moderna e rock (vedi Mumford and Sons o Kodaline) sembrava essere ormai al capolinea, forse per mancanza di idee o chissà cosa , Mounth the Air è invece un album che farà parlare di sé e soprattutto del folk. Se diventerà o meno un punto di riferimento per una nuova direzione del folk moderno non possiamo saperlo, ma sicuramente resta un bell’album e un bell’esempio di contaminazione tra generi. Nonostante qualche dubbio su qualche scelta artistica o produttiva (ad esempio due tracce della lunghezza di dieci minuti ciascuna, che potremmo definire molto, molto teatrali) il lavoro delle sorelle Unthank è un lavoro curato e realizzato in maniera esemplare, capace di catturare anche chi non ama il folk. Un disco da ascoltare e da cui farsi rapire per tutta la sua durata, magari immaginandosi sotto quel grigio cielo d’Inghilterra.

Tracce consigliate: Flutter, Mount the Air.