In ogni casa esiste un armadio dove finiscono quei vestiti che non si indossano più in pubblico, ma che allo stesso tempo non si riescono a buttare via. Sono quegli abiti che rappresentano un momento della nostra vita, a volte un’epoca, e a cui siamo affezionati ma che oggi, a rivederli, sembrano totalmente anacronistici.
In questo armadio, sono pronto a scommettere, molti di voi avranno una giacca militare in stile british, memore di un tempo in cui i Libertines erano IL nome di cui parlare, IL gruppo da adorare, LE persone su cui, volenti o nolenti, si doveva avere un’opinione. Erano come le Kim Kardashian del mondo indie, capaci di far discutere di ogni loro azione, di riempire copertine, di farsi odiare e ancora più amare. Con la differenza che, al contrario di Kim, qualcosa sapevano fare: canzoni.

I Libertines, che piaccia o no, hanno scritto uno o due album destinati a diventare pietre miliari degli anni zero (a partire da questo qualcuno potrà aprire considerazioni sulla qualità della musica offerta dal decennio passato, ma è un fatto), e il loro ritorno non può che suscitare curiosità, e anche preoccupazione: i ricordi, anche i più belli, è meglio non cercare di farli rivivere, il rischio è quello di ottenere solo una loro pallida imitazione, in certi casi un po’ malinconica.
Ma con Anthems For Doomed Youth questo non succede. I Libertines sono tornati e sono ancora i Libertines, senza forzature, senza dare mai la sensazione di ascoltare una band che cerca solamente di replicare i fasti ormai passati.

Ti mancavano la frenesia, l’urgenza e i ritornelli capaci di diventare familiari in un ascolto? Ci sono, già dai primi 3 secondi di Barbarians, se non ti è bastato, ne troverai ancora in Glasgow Coma Scale Blues, per non parlare di Heart Of Matter, pezzo che ti farà venire voglia di andare di persona a occupare le consolle delle tante ex discoteche indie ormai riconvertite in templi della trap, o dell’hip-hop, o pure di Ligabue.
La cosa che prefersci dei Libertines sono invece quelle ballate che Pete sa rendere uniche con la sua voce biascicata? Da You’re My Waterloo (in realtà un vecchio pezzo che finalmente trova una sua dimensione ufficiale in un album), alla struggente, conclusiva Dead For Love, passando per The Milkman’s Horse, anche per te c’è materiale pronto a trasformarsi in un classico.
E se invece dei Libertines ami il racconto di per sé, la loro epopea fra il tragico, l’epico e il patetico, qui troverai tracce che parlano dell’ascesa (Fame And Fortune), quelle che parlano della caduta (Belly Of The Beast), e, in generale, ti aspettano 12 tracce che parlano della loro storia. E quindi un po’ della tua storia. E anche della storia di quella tua giacca che in realtà ti ricordavi più impolverata, e che i 45 minuti di ascolto dell’album ti faranno venire una gran voglia di indossare di nuovo.

Tracce consigliate: Heart Of Matter, Dead For Love