I The Last Royals sono un duo formato dal cantante e produttore Eric James e dal batterista Mason Ingram, entrambi di Brooklyn. Dopo essersi incontrati per la prima volta nel 2010 durante una sessione di registrazione per un evento di beneficenza contro il mercato della prostituzione a NYC hanno inciso un EP, firmato per l’etichetta Ooh La La Records e attirato l’attenzione di pubblico e stampa. Esce ora il loro esordio discografico Twistification, che, come francamente poteva essere supposto da una lettura un po’ tendenziosa delle circostanze nelle quali i due si sono conosciuti, suona un po’ troppo frocindie: il disco si apre con Winter Waltz, dove la sola voce di Eric, accompagnata da una chitarrina acustica assolutamente discreta ed evanescente, ci introduce il mood generale del disco. Dopo un minuto e trentasette di intro arriviamo al dunque con il successivo Friday Night, risposta indi alla nostra tettona preferita Katy Perry: il brano non è nel complesso troppo male; cassa sempre in battere, qualche synth, ottimi arrangiamenti vocali, dinamica ok -sicuramente nulla di questo brano ci può disturbare, ma è vero anche che, logico rovescio della medaglia, nulla ci colpisce: il brano fila via liscio e anonimo, ben suonato e confezionato, ma, non essendo più negli anni ’90 da un bel pezzo, non ci fa certo urlare al miracolo. La successiva Come Take My End non cambia le cose: sintetizzatori timidamente solari, atmosfere rilassate ma poco pregnanti, vocalismi perfetti ma non certo incisivi, arrangiamenti molto ben fatti ma sicuramente non originali. Da notare, e, perché no, lodare, la capacità del duo di accostare a composizioni spensieratamente inutili a testi abbastanza amari, abbastanza scuri da creare contrasto con il mood musicale del disco -fattore che, anche se solo parzialmente, salva questo lavoro dalla più totale banalità. Il brano successivo All Over Again si apre di nuovo con sole voce e chitarra acustica, come prima regolare e poco presente (anche la pennata è proprio la stessa, il plettro francamente non so). Un arrangiamento delicato e preciso ci accompagna fino alla fine del brano -e poi non saprei proprio che altro dire su un pezzo del genere, come sulla maggior parte degli altri che compongono questo Twistification.

Immaginate di dover inventare un brano su due piedi, una parodia parziale di qualche aria frocindie che avete già sentito, pescando un po’ qua e un po’ là, per prendere per il culo un vostro amico che, immaginiamo, in una giornata si è fatto un bel ciuffone nuovo, si è comprato dei rayban clubmaster da vista (con le lenti finte perché in realtà ci vede benissimo) e le vans alte ooooolldschuuulll, io sono indi, deh!. Immaginate questa situazione, e cercate di focalizzare la vostra attenzione su come, grossomodo, articolereste lo sfottò musicale: se avete una conoscenza mediobuona del settore avete, con buonissime probabilità, composto il nuovo singolo dei The Last Royals.

Il pezzo successivo Good Radio Day, pur non essendo certo esente dal discorso di cui poco sopra, costituisce una parziale eccezione: spiritoso e abbastanza differente dal resto dell’album (che appare molto ma moolto omogeneo) riesce, complice forse l’arrangiamento meno delicato, a farci sorridere per i suoi quasi quattro minuti di durata. Dal seguente Wake Up (le cui primissime note mi hanno immancabilmente ricordato il grande prato verde dei Gem Boy e i miei dodici anni) al brano di chiusura (passando dal piuttosto carino Crystal Vases che è riuscito un po’a piacermi, forse per via del testo, carino e ben interpretato, forse perché la pennata sull’acustica è diversa da quella presente in tutti gli altri brani), il discorso non cambia.

Che voto diamo a questo Twistification? La commistione di mediocri impegno e ispirazione gli precludono assolutamente l’eccellenza, anche se non è proprio un lavoro da buttare via in toto. Un album leggero, che, a meno che non vogliate farvi una di quelle ragazze che fanno le foto alle foglie secche conquistandola con un regalo, vi sconsiglio di comprare. Un lavoro semplice e poco degno di nota, un lavoro sufficiente, ma niente di più.

Tracce consigliate: Crystal Vases