2003, Settembre: sono un ragazzo cresciuto a pane, Pink Floyd e Genesis. Tra il 1997 e il 2001 seguivo MTV e TOTP con mio fratello maggiore. Apprezzavo praticamente qualsiasi cosa passasse per quel canale: dai Liquido ai Manic Street Preachers, dai Lit a Britney Spears, ed il ricordo è ancora ben vivido nella mia mente. Il misfatto avvenne in seconda media nel 2001: ero a casa, ed ero stufo di ascoltare la musica di papà. Cercando tra i cd masterizzati, senza copertine, comparvero i Queen, e vi giuro che quello è stato il giorno che ha rovinato la mia vita musicale dei primi anni 2000; conoscevo tutti gli album della band di Mercury e soci: le date, i singoli, i testi, le rarità, tutto, TUTTO. Torniamo al 2003, dopo 2 anni di solo Queen, e di pochissimi sporadici ascolti d’altro, sempre disprezzati (Cobain perdonami non ero in me), cominciavo ad avere i primi dubbi sul mio approccio alla musica. I Queen erano una band morta, non creavano in me ciò che oggi viene chiamato Hype e la saturazione che le loro canzoni avevano provocato, aveva raggiunto il limite massimo sopportabile. Prendo il telecomando e vado su MTV, come anni prima, e tra Where is The Love dei Black Eyed Peas e Crazy in Love di Beyonce, comparvero loro, I Darkness con I Believe In A Thing Called Love; fu amore e un gran colpo al cuore, erano i Queen del nuovo millennio. Superai agevolmente il fastidioso falsetto di Justin Hawkins e mi gettai velocissimamente a recuperare tutti i precedenti singoli: Get Your Hands Off My Woman (forse la migliore del disco) e Growing On Me. Il colpo di grazia lo diedero a Natale con Christmas Time e nel 2004 con la ballata Love Is Only A Feeling.

Quando ad Ottobre uscì Permission To Land, andai dallo spaccino di dischi masterizzati della mia classe per avere la mia copia. Attesi un paio di settimane ed arrivò con tanto di copertina fotocopiata a colori. Gli diedi i 2€ pattuiti, ma il bastardo si tenne la copia, affermando che dovevo dargli altri 50 cent. Resistetti fino alla ricreazione e con gran sdegno gli diedi ciò che voleva; avevo il cd e lo ascoltai immediatamente nel mio lettore CD portatile ed era fresco, freschissimo per le mie orecchie. Un paio d’anni dopo questo spaccino metallaro, affermò che i Nirvana erano commerciali, “giusto” gli dissi, “credo invece che i tuoi amatissimi Motley Crue e Kiss, siano l’apice alternativo della musica” e tacque per sempre.
Dopo questo gran successo, I Darkness, persero la bussola. One Way Ticket To Hell…And Back, suonava già stantio e le innovazioni apportate al sound erano un’ accozzaglia di cose senza senso; dopo poco si sciolsero. I componenti formarono altre band, Justin ebbe problemi di droga e qualche anno fa si riformarono. Diedero alle stampe Hot Cakes nel 2012 e risentiva della lontananza e delle poche idee.

Dopo 3 anni, tra concerti e progetti secondari, tornano i Darkness con Last Of Our Kind: da ex fanboy, devo dire che c’è un buon compromesso con il loro debutto e le sonorità che hanno prodotto nel tempo. Stiamo comunque sempre parlando di AOR e Glam Metal e tutto attorno a noi c’é un deserto. I falsetti di Justin ci sono (purtroppo) ancora, ridotti comunque al sostenibile, contrapponendoli ad una voce molto matura e apprezzabile. AC/DC, Def Leppard, Queen e tanti altri, fanno continuamente capolino, tra un riff e un assolo. Le costanti citazioni, non fanno altro che pensare alle band più famose, e solo i falsetti fanno rinsavire l’ascolto “Ah vero, sono i Darkness”.
Barbarian e soprattutto Mightly Wings, con quel solenne intro a sintetizzatore e un riff alla Pantera, sono le due canzoni più Heavy del lotto. L’album è composto da ballate non esageratamente stracciapalle (Wheels Of The Machine, Conqerors) e dai tipici Anthem Rock (Roaring Waters, Mudslide). I punti più alti sono la Van Halen-iana Open Fire e la stranamente indie-oriented Sarah O Sarah, in pochissimi secondi mi ha ricordato R.E.M., The Shins e Cure, ma probabilmente sono io che ho le allucinazioni uditive.

Non aspettatevi nulla di che, se guardate il similar to, sapete a cosa state andando incontro: AOR, Glam Rock e Metal, musica per capelloni anni ’80 con una vera nostalgia per l’Hard Rock dei 70s. Se il disco viene invece valutato nella discografia della band inglese, è decisamente a tutti gli effetti il miglior seguito che potesse avere Permission To Land. Dopo 12 anni, possiamo dire che è stata raggiunta la maturità per i fratelli Hawkins, un po’ fuori corso e con una sufficienza risicata, ma comunque laureati alla School Of Rock.

Tracce consigliate: Open Fire