Negare l’evidenza è abbastanza inutile: i The Bloody Beetroots (da qui TBB) sono stati e sono uno dei più grossi prodotti musicali che l’Italia sia riuscita ad esportare in ogni angolo del mondo. Il merito  va però attribuito alla massa di fan internazionale che si gasa a sentire le loro urla e i loro pessimi synth, mandando sold-out la maggior parte delle date in giro per il pianeta. Come tanti altri artisti di electro di fine anni ’00 (Justice, Boys NoizeCrookers per fare altri nomi giganti) i TBB hanno iniziato la carriera con decine di remix auto-prodotti che li hanno portati dai piccoli dj set in città ai grandi palchi più importanti del mondo.

Chiunque abbia parlato di questo album ci dice che sono passati ben quattro anni da Romborama, ma il disco spiega tutt’altro: il tempo si è fermato e i TBB sono rimasti al 2009. L’LP si apre con il più banale degli arpeggi in stile Domino, vocine up-pitched di bambini e un drop improvviso fatto di synth a caso che seguono tutt’altra melodia; manca solo il side-chain a 100000 per avere una cover di un qualsiasi pezzo vecchio della band. Subito accontentati: arriva Raw a piazzarci un bel side-chain con Tommy Lee alla batteria che rende il tutto molto più tamarro di quanto non lo sia già, in un pezzo brutto a metà tra un brutto pezzo heavy-metal e un synth brutto scartato da un pezzo brutto dei primi Justice 2005. The Beat quasi riesce a farci tornare il sorriso, portandoci indietro ai primissimi lavori (talvolta anche fighi) dei TBB, ma poi capisci che è davvero una merda, che i bei tempi devono rimanere nel passato, che esiste una cosa che si chiama evoluzione (ma il tipo con la maschera da black venom non lo conosce) e che l’auto-tune sulla voce di Peter Frampton è da mani nei capelli.

Restando in tema collaborazioni Out Of Sight sembrava lanciare discretamente l’album quando ne uscì una preview di pochi secondi, ma alla fine si rivela un altro noiosissimo pezzo drum ‘n bass in cui Sua Maestá Paul McCartney fa la parte di quello che “fottesega se il pezzo è figo o meno, io c’ho fatto comunque una barca di soldi“. Da dimenticare anche i pezzi con Sam Sparro (Glow In The Dark) e P-Thugg dei Chromeo (Please Baby). Sì, perchè Bob Rifo è riuscito a far diventare brutto persino un pezzo con i Chromeo. Invece invece invece sorprende, e non poco, All The Girls (Around The World), pezzo figo con un groove che fa ballare parecchio, grazie anche al cantato di Theophilus London.

The SourceRunawayChronicles Of A Fallen Love dimostrano che i TBB non ci azzeccano un cazzo neanche con la EDM del nuovo decennio, cercando di imitare i vari ZEDD (autore di un bel lavoro lo scorso anno) e l’ultimo Calvin Harris (pessima musica tamarra da dancefloor del sabato sera), riuscendo semplicemente a incasinare l’album ancora di più con rumori a caso, melodie banalissime e synths che definirli tamarri sarebbe un insulto ai protagonisti di Jersey Shore. Ma è quando credi di averle sentite tutte che arriva il pezzo di chiusura: Volevo Un Gatto Nero (You Promised Me). Non mi sento neanche in grado di commentare un così totale insulto alla musica. È indescrivibile. Non trovo parole per descrivere tale scempio.

Un album che lascia le orecchie sanguinanti, un mucchio di ‘già sentito‘ dall’inizio alla fine e un livello di tamarria elevatissimo per finti raver che non sanno un cazzo di musica nè tantomeno di rave. La musica italiana non è questa, ma purtroppo è questa che ci rappresenta all’estero. Se c’è qualcosa da non ascoltare quest’anno è questo album. Io l’ho fatto per salvarvi. State lontani da tutto ciò.

Tracce consigliate: All The Girls (Around The World) (feat. Theophilus London)