Se potessi tenere in mano una ciocca di capelli di Thao Nguyen per almeno cinque minuti mi sentirei probabilmente più fresco dentro e più giovane di almeno cinque o sei mesi.

Considerando poi che Thao è una di quelle giovani asiatiche pazze immigrate negli stati uniti probabilmente per esportare follia dal proprio paese natale unicamente per evitare che quest’ultimo fosse considerato troppo folle, direi che, se tagliati, i capelli di Thao continuerebbero a crescere in modo naturale. Supposizione mia.
Quindi, andando con ordine, Thao Nguyen si pone inevitabilmente alla fine della “grande storia americana delle asiatiche folli” che trova il suo incipit in personaggi come Yayoi Kusama o chi per lei, posizione di tutto riguardo mi vien da dire.
Il meme Kusama è in Nguyen come la ceramica è nelle tazze di ceramica. Supposizione mia.

Appurato questo, vi posso dire che tra oggi e ieri esce l’ultimo LP di Thao & The Get Down Stay Down dall’improbabile ma significativo nome di We The Common.
Poco importa se è il solito indiefolkrock ballabile e canticchiabile quasi contemporaneamente ad un battito di mani tenuto a tempo, poco importa se ne parlano male al baretto fra la 13esima e short avenue, poco importa se non ne parlano affatto.
We The Common è un cd di dodici tracce suonato con strumenti di legno, suonato bene per l’amor di dio, ma senza la pur minima evoluzione dai loro ultimi cd, che di per sé erano già abbastanza simili a quello che Thao si ascoltava a casa sua il sabato pomeriggio; poco importa di nuovo.
Quello che resta è la follia asiatica, il meme Kusama nelle ossa, la voglia di canticchiare un ritornello di tre note tre per tutta la notte e se non basta almeno fino alle undici del mattino, perché è così che si fa festa sulla spiaggia (sì, perché altrimenti non avrebbe senso suonare con strumenti di legno)- io che non ne avevo tanta voglia sono andato a letto presto, diciamo verso l’una e trenta.
Gli elementi che spiccano: la parte percussiva ha i volumi alti e beat semplici, strizza l’occhio ai tuoi piedi che già si muovono; la voce di Thao dopo un quarto d’ora di ascolto viene associata a quella di una puttanella dai colori accesi, e la cosa ti diverte; ogni tanto spuntano strumenti di New York tipo un banjo o un trombone, e dici –cos’altro potrà mai succedere?-.
Niente, non succederà più niente.

Reccomended Track: We The Common [For Valerie Bolden]