TALL SHIPS
EVERYTHING TOUCHING – Big Scary Monsters / Blood & Biscuits

Di fronte a un panorama musicale dominato da hype, recensioni, etichette, spasmodica ricerca tanto del nuovo quanto del revival, riusciamo ancora a stupirci di fronte a delle valide novità che non hanno avuto l’attenzione che si meritano? I Tall Ships, trio di Brighton, rappresentano senza dubbio una di queste.

Dopo il rilascio dell’Ep There Is Nothing But Chemistry Here e qualche singolo (che francamente avevano attirato la mia attenzione poco più di un anno fa) seguì un periodo di assenza e meditazione per la band, la quale ha deciso di tornare ad esibirsi sui palchi degli ultimi festival estivi, presenze queste che erano solo un preludio del rilascio del debut album Everything Touching.
Dopo l’ascolto di quest’ultimo si palesa il motivo di tale allontamento dalle scene: il gruppo necessitava di tempo per crescere e rendere coerente il proprio lavoro, per trovare una via che riuscisse a conciliare le varie sperimentazioni degli esordi e che non li incatenasse all’etichetta math-rock. Di math qualcosa rimane comunque, in particolar modo la complessità degli arrangiamenti e lo studio approfondito delle lyrics, ma l’LP si lascia apprezzare in maniera diretta scorrendo fluido e senza ostacoli. Un punto di forza notevole è infatti la coesione dei dieci brani che compongono l’album, ancora più sorprendente se accostata alla varietà di spazi esplorati, amalgamati perfettamente nella visione d’insieme in cui ogni tassello trova il suo posto.

Il tutto si apre con il mare mosso di un riff energico e distorto, una batteria pestata e synth tutt’intorno, voci sospirate su questa trama rumorosamente piacevole; nella quiete delle strofe si svela il cantato pulito del frontman Ric Phethean che si eleva nel ritornello insieme agli elementi dell’intro, nel frattempo ricomparsi; un’ascesa che si va a chiudere nel vocìo di un bambino. Questa è T=0 (già rilasciata a marzo in un singolo).
Best Ever e Phosphoresence ripropongono più o meno lo stesso intreccio dell’opener: un riff che si ripete testardo su cui gli altri elementi costruiscono la propria trama; ma se in Best Ever siamo davanti ad una costruzione più tipicamente post-rock (intro tranquilla e boato, calma momentanea ed esplosione finale), Phosphoresence presenta un piglio più orecchiabile e leggero che prosegue nella successiva Oscar, o almeno così parrebbe per i primi due minuti; ecco infatti una nuova sterzata e d’improvviso un bridge sospirato su chitarre tremolanti e timpani battenti, una quiete transitoria che presto si trasforma in cori e in una strumentale risoluta. Continui cambiamenti, alternarsi di tempesta e calma, alta e bassa marea, delicati flutti e onde anomale.
Ode To Ancestors (nettamente migliorata rispetto alla versione dell’Ep) è il giro di boa, una canzone d’amore dal testo particolare (“You are a triumph of natural selection, every mutation leading to your perfection”) che raggiunge l’apice in uno dei migliori momenti del disco: un coro sincero e sconvolgente, urlato in un tripudio di sintetizzatori e percussioni. La parte a cappella finale ci fa adagiare per un istante brevissimo, presto rotto dai cavalloni di Gallop; ecco di nuovo i riff iniziali, batteria incalzante e battiti di mani, cori che facilmente potrebbero risultare stucchevoli, ma qui no, qui sono gestiti perfettamente.
Siamo stremati, ci lasciamo galleggiare sotto il sole mentre Idolatry lambisce gentilmente il nostro corpo con una leggera corrente di synth e poche, studiate, perfette note di chitarra cristallina. Senza accorgercene ci ritroviamo immersi in Send News, intro di Books, già rilasciata in passato ma qui reinterpretata. I sintetizzatori, in primo piano nella vecchia versione, vengono infatti sostituiti (pur rimanendo collante d’atmosfera) da un pianoforte profondo che accompagna parole delicate, versi che sottolineano la caducità dell’esistenza.
I nove minuti di Murmurations sono non tanto il finale quanto il compimento dell’album. Un climax di rara bellezza che si origina dal battito di un cuore, su cui tessono le loro tele dilatate i riff di chitarra e la sezione ritmica, un tutt’uno che sfocia in un beat elettronico e in voci celestiali capaci di squarcire le nubi sopra il pelo dell’acqua.
Quando tutto sembra finito ecco di nuovo la voce del bambino di T=0.
Il cerchio si chiude.

Everything Touching è l’oceano, il mare aperto, ora tranquillo, ora in burrasca, adesso la bonaccia, poi un’onda anomala; l’artwork in copertina ci ricorda che vi siamo immersi di notte: fondali lontanissimi e alte onde scure, e di giorno: flutti azzurri dal rumore rilassante e raggi solari.
Il titolo potrebbe voler dire Tutto in contatto con tutto, oppure Tutto commuovente; in entrambi i casi c’è il mare, le cui tante piccole gocce, a contatto, formano le acque nella loro interezza, acque che da sempre commuovono l’uomo che le contempla con un timore reverenziale.
In questo mare le Alte Navi veleggiano magistralmente, senza paura.