Tanto chiunque aspetta qualcosa. Siamo come in una sala d’attesa che non è area destinata ai fumatori. Quindi la tensione sale e l’astinenza da nicotina comincia a mangiare la ragione. L’irritabilità ti ha reso una polveriera. Lo spettro immaginativo si apre e con lui si spalancano innumerevoli questioni. Poi l’estate, perché non arriva? Il tipo mi ha detto che sarebbe stato qui nel primo pomeriggio, ma dove si sarà cacciato? Il treno? Lei ha risposto?

Personalmente attendevo qualcosa che mi risolvesse la giornata cominciata alle 14 e 46 con notizia lieta: il caffè è finito e bisogna pagare due bollette.

Amelia Meath, per esempio, era in attesa di qualcuno che azzeccasse l’arrangiamento di Play It Right, brano da lei scritto e cantato assieme al trio di una vita Mountain Man. La manna non ha tardato e porta il nome di Nick Sanborn, il quale, come momento emotivo eguale o intensamente maggiore rispetto a quello che Amelia già viveva, ha smorzato la passione per la a cappella ormai connotato esclusivo del terzetto. Che poi, in realtà, Amelia Meath e le altre due, Molly Erin Sarle e Alexandra Sauser-Mönnig, non se la passavano affatto male; basti pensare che, oltre ad avere in passato condiviso il palco delle esibizioni dal vivo con Jónsi, Feist e i Deer Tick, hanno raccolto, inoltre, un largo consenso grazie alla collaborazione con gli Alt-J nella produzione della traccia Buffalo, che è soundtrack di Silver Linings Playbook (Il Lato Positivo). Tuttavia, evidentemente, Meath aspirava a una personalizzazione dei criteri estetici difficilmente raggiungibile, comprensibilissimo, in una combriccola di sole donne. Per cui Sanborn che, occupandosi e preoccupandosi della strumentazione e dell’orchestrazione, è proprio l’estremo opposto di questo nascente binomio, il quale, nelle rappresentazioni passate e nei canovacci già messi in scena, mai ha deluso. Sì, perché innegabile è che sia qualcosa di già sentito o prodotto, sdoganato e collaudato. Così MS MR, Purity Ring, Beach House e Made In Heights. Ma attenzione, solo per citare i duo – perché altrimenti potrei menzionare anche The xx, Chvurches e Poliça -, e soprattutto quelli caratterizzati da voce femminile, poiché se decidessi di non praticare tale scrematura nominerei Rhye ai quali presta il cantato Mike Milosh, il quale credo abbia scombussolato e disorientato più di uno a causa della sua voce con evidenti tratti femminili. Sembra, insomma, molto semplice: tastiere; synth; giocattolini; drum machine; l’onnipresente e immancabile voce e presenza femminile.

Sylvan Esso è dunque l’album d’esordio dell’omonimo duetto. La corrispondenza biunivoca del lavoro, sopra accennata, nella concretezza della scrittura si esplica quindi in carezzevoli voci e legnosi synth. Prova di quanto appena detto è, per esempio, Dreamy Bruises: cori storditi in loop e scanditi ritmicamente come fossero una filastrocca; synth inelegante e sporco che stempera l’uggiosa nenia. Lo stesso potrebbe dirsi per Dress se, in questa, non avessero la meglio le mesmeriche evoluzioni corali. I suoni si fanno angusti quando il pattern di percussioni in H.S.K.T., o il clap in Hey Mami, scandisce la metrica di una voce languida fortunatamente diluita nel solito synth arrogante. Quando ciò non accade, il risultato più prossimo e spontaneo è Come Down: un solo cantato che muore nello stesso impercettibile rumore bianco di accompagnamento. Play It Right e Coffee si scornano, come estremità complementari e icone dell’intero progetto, quasi a voler marcare le peculiarità delle individualità in un duo di per sé con caratteri antitetici. La prima traccia, infatti, ripercorre l’esuberanza e la ridondanza del synth pop schietto e mai velato; la seconda, invece, è dissolta e si distende in una ballata leggera e disegnata con garbo dalla equilibrata voce di Amelia. Uncatena, infine, è proprio l’esatta distribuzione delle componenti dell’insieme; quasi perfettamente infiocchettata è mediana tra gli eccessi.

Un album che, per quanto possa marcare una noiosa ripetitività o una scrittura inflazionata, è ben gradito quando tutto sembra andare a tuo sfavore, come le bollette da pagare senza aver prima bevuto il caffè, ma anche benaccetto come la colazione dei campioni della domenica mattina; è come fosse, in sostanza, la spremuta d’arancia dopo la vodka dozzinale della sera prima. Nuovamente opposti affini.

Tracce consigliate: Coffee, Uncatena.