Hot Thoughts, il nono album in studio degli Spoon (co-prodotto da Dave Fridmann) segna il ritorno della band di Austin alla Matador Records dopo la scappatella con Loma Vista Recordings nel precedente They Want My Soul. Questo è un disco dove funk-rock, pop, soul ed elettronica si fondono meravigliosamente. La title-track parte con un synth e un semplice loop di batteria che introducono l’inconfondibile timbro vocale di Brett Daniel (Hot thoughts melt in my mind/Could be your accent mixing with mine/You got me uptight, twisting inside/Hot thoughts all in my mind and all of the time) a cui segue una chitarra che gradualmente fa il suo ingresso per poi esplodere in un riff electro-funk dal groove contagioso. Non ci poteva essere migliore introduzione: un inizio col piede sull’acceleratore.

WhisperI’lllistentohearit è composta nella prima parte da un riff di synth e alcune tastiere distorte in sottofondo, in un crescendo in cui gli arpeggi di chitarra fungono da introduzione al successivo cambio di tempo che spacca in due il brano, che riparte tra distorsioni di synth e una chitarra tra l’acido e lo psichedelico, il tutto sostenuto da un basso spigoloso e un beat di batteria minimale ma potente al tempo stesso. Un brano che non avrebbe sfigurato in un disco dei Divine Fits (side-project di Daniel). Il grasso e quadrato big-beat di Jim Eno a la Bonham in Do I Have to Talk You into It sostiene il tripudio di synth, effetti e chitarre distorte e sghembe che fanno da contorno alla spavalderia vocale di Daniel (Do I have to talk you into it?/Do we have to make sense of it?/When I’ve known you such a long time/And we never had to act polite/I wanna whisper down the tube/All the words you would never use/Do I have to talk into it?), in un pezzo che un suono più classico Spoon non potrebbe avere. First Caress è un autentico numero disco-beat dalle sfumature vagamente psichedeliche, impreziosito da un riff di piano altalenante che fa da break a questo divertente lato della band rimasto fino ad ora inesplorato (nonostante comunque parli di un ex-amore). La mano di Fridmann si sente eccome. Pink Up è un viaggio elettronico di quasi sei minuti tra vibrafoni, steel drum, voci distorte e loop di batteria che entrano ed escono di scena ad intermittenza, che si conclude con delle rapide incursioni di linee di pianoforte, qualcosa di decisamente inaspettato ma che non stona all’interno del disco. Un piacevole intermezzo che precede il secondo singolo, Can I Sit Next To You, ennesimo pezzo funk sorretto da un beat corposo ma minimale, in cui il groove delle chitarre e il piano sono da contorno a un synth ondulato in un saliscendi fantastico. Qui si torna a casa, nella loro comfort zone, sviluppando però ulteriormente quel suono che li ha resi inconfondibili, per uno dei singoli migliori della loro intera discografia.

L’electro-soul di I Ain’t One è una ballata notturna che si regge su un interessante riff d’organo e una drum machine (When the moon is rising and looking on me/When the night comes knocking, knocking on me/I say, I ain’t the one), a cui segue il mid-tempo di Tear It Down, la traccia meno sperimentale dell’intero disco, il cui suono ci riporta ai primi lavori della band.A chi non è più un ragazzino, Shotgun ricorderà incredibilmente I Was Made for Loving You dei Kiss, qui Daniel e soci si avventurano in una cavalcata guidata da un basso in stile anni ’80 in cui ci sbattono le chitarre in faccia e ci fanno ballare su di un beat elettronico in 4/4. L’album si conclude con la strumentale Us, 5 minuti di sax che sembra suonato nella galleria di una metropolitana, che donano una chiusura se vogliamo cinematografica a questo disco.

Hot Thoughts è sicuramente l’album più sperimentale degli Spoon (e per certi versi anche quello più dance, ma sempre alla loro maniera), l’ennesima evoluzione di una band che dopo 20 anni riesce sempre a rinnovarsi combinando stile, originalità e sostanza al tempo stesso. Rispetto al precedente They Want My Soul, sembra che si siano lasciati guidare maggiormente da Dave Fridmann (che aveva iniziato a lavorare con loro proprio dal disco precedente), si percepisce una maggiore voglia di uscire da certi schemi compositivi che hanno reso classico il loro suono in passato, un album dove più che le chitarre sono i sintetizzatori e la sezione ritmica ad avere un ruolo centrale (pur regalandoci momenti chitarristici da orgasmo). Il gruppo di Austin si conferma ancora una volta come una delle più solide realtà della scena musicale contemporanea, 20 anni in cui non hanno sbagliato un disco, sono sempre andati per la loro strada non lasciandosi influenzare dal  sound del momento e mantenendo una coerenza musicale che pochi possono vantare al giorno d’oggi, eppure hanno sempre raccolto meno di quanto meritassero. Hot Thoughts è un ulteriore diamante che va ad incastonarsi nel loro già ricco repertorio discografico.

Tracce consigliate: Hot Thoughts, Can I Sit Next To You