SPECTOR

ENJOY IT WHILE IT LASTS – Polydor

Contesto: è il 2005, NME e seguaci decidono carriere, successi e cadute nel dimenticatoio delle via via successive next big thing che si alternano senza sosta, e contribuiscono a cristallizzare un genere identificato dall’oggi vuota parola “indi”. In tutto questo appare un nuovo gruppo, gli Spector, che piazza due singoli niente male capaci di scaldare i ditini degli indi-dj per qualche settimana, e poi scompaiono nel nulla senza lasciare tracce o rimpianti.

Fin qui, sarebbe tutto normale, se non fosse che “Enjoy it while it last”, primo album degli Spector, esce nel 2012, a parecchi anni di distanza dalla proliferazione di tutta quella scena a cui gli Spector si vogliono evidentemente rifare. Qual è il risultato? Quello che ti viene subito in mente è ecco, i Kaiser Chiefs hanno fatto un altro album: singoli tirati che vanno spediti senza troppi attimi di tregua, una successione infinita di coretti e urletti a sottolineare ogni ritornello, e una generale sensazione di ascella sudata e birra calda che vola in aria ad ogni cambio di ritmo.Nei momenti migliori dll’album, come ad esempio nei già singoli “Chevy Thunder” e “Celestine”, sembra veramente di sentire la voce e la carica di Ricky Wilson, cantante appunto dei Kaiser Chiefs, e la cosa può anche non dispiacere affatto a chi è rimasto affezionato a quelle sonorità. I problemi saltano fuori quando si passa da queste alle altre canzoni dell’album, che o imitano il modello con meno successo (“Friday night, don’t ever let it end”), o si rifanno senza troppa personalità a gruppi più o meno della stessa area (“What you wanted” sembra né più né meno una b-side dei Killers), oppure si avventurano in territori si diversi ma non proprio di grande appeal: è il caso di “No Adventures”, che grazie al suo ritornello con coretto gospel si va a collocare nella fascia di canzoni che potrebbero tranquillamente passare nella programmazione di Isoradio 103.3, fra una notizia di una coda fra Roncobilaccio e Barberino e una canzone di Bon Jovi. Il titolo del pezzo di chiusura, “Never Fade Away”, non suona molto profetico: nonostante il relativo successo ottenuto finora dall’album, gli Spector non sembrano in grado di rinverdire i fasti di un genere che negli ultimi anni sembra un po’ appannato, e come tante delle next big thing annunciate, lasciano in testa alla fine del disco una sola frase: “Ok, what’s next?”.

(P.s. Nonostante tutto questo livore, ricordo a tutti di voler comunque bene al cantante degli Spector, avendo nella sua vita musicale precedente creato questa cosa http://www.youtube.com/watch?v=95t4O6ggyoU che dimostra che, oltre a saper scrivere qualche canzone interessante quando vuole, è anche un esempio di uomo molto coraggioso orgoglioso di portare dei ridicoli baffetti anche prima che i baffetti tornassero di moda)