Gli Smashing Pumpkins, ahimè… Ci sono due modi per valutare questo disco: potrebbe essere valutato a priori, come se Billy Corgan non avesse scritto nient’altro e Oceania fosse un disco a caso trovato su NewAlbumReleases, oppure potrebbe essere valutato come il nono disco di una band storica, di una delle mie band preferite, della stessa band che dal vivo mi ha fatto piangere e negli anni in cui non sapevo cosa fosse una registrazione analogica, mi ha fatto emozionare tanto da perdere le parole.

Volenti o nolenti questo è il nono disco degli Smashing Pumpkins, di quella band che ha scritto Porcelina Of The Vast Ocean, Try Try Try, Silverfuck e un’altra manciata di capolavori indiscussi.
Cos’è un disco negli Smashing Pumpkins nel duemilaeddodici? Oceania è la volontà di un artista immortale di reinventarsi. Sì, ok è vero, sono partito prevenuto nell’ascolto del nono elleppì della band, ma come biasimarmi? Non potevo dimenticarmi quelle altre volte in cui Billy ha deciso di rinnovarsi e ha fallito miseramente, come in Zeitgeist e in quella successiva orripilante raccolta di EP di cui fortunatamente ho dimenticato il nome.
Oceania ve lo giuro che se provate ad allontanare dalla vostra testa Billy Corgan che canta Zero, inizia bene! Quasar ha un suono di chitarra da sverniciare le pareti della mia casa nella quale non abito più. Però ha solo quello, nessun tipo di spunto geniale, qualche passaggio accettabile, un ritornello tra la rabbia dei vecchi Pumpkins e l’imbarazzante inutilità dei Guns and Roses, salvo poi al minuto 2:38 diventare una cover di Cherub Rock o una cagata simile. Panopticon è una cover di Quasar e Quasar al settimo ascolto non mi ricordo neanche come fa. La fiducia diminuisce sempre di più e quasi perdo la pazienza quando la terza traccia, The Celestials, è uguale a Disarm, salvo avere dei suoni più brutti, però BOOM. Si rivela essere la canzone più bella del disco, nonostante il banalissimo testo: begli arrangiamenti, bei suoni di basso, linea vocale trascinante MA (sì, c’è un ma) rimane un felice caso isolato in Oceania. Fino alla quinta traccia, nonostante le librerie di Logic stuprate per tirare fuori un suono di synth, rimane, chiudendo un occhio, un disco accettabile. Poi niente, Billy Corgan si mette a fare la disco music. Io ve lo giuro, volevo piangere: ci sono la sesta e la settima traccia, delle quali non voglio imparare il nome, che sono di un imbarazzante mortale, Billy perde presenza nella voce neanche fosse rincoglionito. Oceania scema così nella banalità, nell’ombra di una band immortale che forse doveva smettere di scrivere dischi dopo il duemilaeuno e nel coraggio di Billy Corgan di continuare imperterrito a suonare, forse sbagliando, forse no.
Non per questo gli Smashing Pumpkins perderanno un posto nel mio cuoricino, Oceania va ascoltato come ogni disco di quel genio indiscusso di Corgan: voglio sperare che sia un ascolto da metabolizzare sulla lunghissima distanza ma ho tanta paura di sbagliarmi. The world is a vampire.