The Sun Dogs è l’esordio discografico dei Rose Window, bei fricchettoni appena lanciati dalla Sub Pop. I sette di Seattle sono un po’ in bilico fra una becera tendenza al revival ed una legittima e sensata ripresa di suoni amabilmente vintage: il cantato della vocalist Chris Cheveyo è grossomodo quello di Grace Slick dei defunti ormai da decadi Jefferson Airplane, che (non volermene cara Chris) era, purtroppo, molto più figa e forte di un magnetismo che sinceramente fatico a vedere nella Cheveyo. Risulta buona anche se un po’ ruffiana l’idea di amalgamare il loro sound post hippie con un buon uso del riverbero, che conferisce al mix finale un certo sentore di modernità, cosa che in un’operazione che consiste essenzialmente nel recupero di sonorità passate non guasta certo. Abbastanza interessanti i passaggi più puramente psichedelici, conditi da strumenti esotici e flauto traverso, come l’intro The Sun Dogs I: Spirit Modules, la traccia The Sun Dogs II: Coda che chiude l’album, molto vicina alle sonorità dei Beatles di Within Or Without You. Walkin’ With a Woman è un’ottimo pezzo, che, esclusa la sbrodolata iniziale molto (troppo) vicina al suond di quel drogati dei Raiders di Paul Revere, gestisce abbastanza bene un crescendo dal gusto ritualeggiante: si respira la terra rossa degli indiani d’America, ma, se non si è abbastanza fatti, dopo un po’ si respira a fatica. I suoni delle chitarre sono sempre molto gradevoli, mai troppo invasivi (per fortuna c’è un limite alla ripresa degli anni sessanta), e nel complesso il sound della band risulta gradevole e compatto, tenendo anche conto del fatto che si tratta dell’ esordio di una formazione abbastanza inusuale. Alcuni brani riescono ad essere  gradevoli: Wartime Lovers è una simpaticissima cantilena folk/hippie come pure Indian Summer, This Shroud è quello che sarebbe stato The End dei The Doors, se solo Jim Morrison avesse saputo cantare, e i suoi amici suonare.
Che l’innovazione non sia cosa loro è chiarito immediatamente, oltre che dal sound del disco, che risulta essere in questo senso fin troppo esplicito, dalle prime righe della bio presentata sulla loro pagina Facebook:

“The notion that there is nothing new under the sun can be both a blessing and a curse to musicians. On the one hand, it absolves artists from any nagging sense that they have to reinvent the wheel with every new project. On the other, it makes innovation seem like a fool’s errand.”

A questo punto non rimane molto da dire: cari Rose Window, siete una scoperta simpatica, ma sicuramente non una formazione dal quale possiamo aspettarci molto in futuro, e così pure il vostro esordio: un disco che riesce ad essere gradevole nonostante parta da premesse un po’ deprimenti, ma non in assoluto una bella scoperta.

Tracce consigliate: Wartime Lovers

5.5/10