Non voglio aprire con le solite sterili descrizioni di vita morte e miracoli del gruppo che comunque è un quartetto newyorkese che spacca tutto e che è sotto Sacred Bones.

Dico solo che a volte un disco ti colpisce così tanto che lo lasci pure stare per un po’.
Ho aspettato 5 mesi per parlarne.
Questo The Horror martella il cuore per 43 minuti con una continuità e un tiro che hanno dell’eccezionale.
La musica del futuro.
La forma e la formula di conseguenza è pure relativamente semplice: wave cattiva da morire, sane incursioni noise che evitano accuratamente frasi estemporanee, ma che rimangono saldamente funzionali al disco, all’incedere spietato e potente del tempo scandito dalle linee di basso polverose e dalla furiosa batteria.
La chitarra suona maledettamente bene.
Basta dire questo.
The Horror apre con Burn the Worm, 3 minuti e mezzo di furia cieca totale: già ti lascia con l’acquolina in bocca per i restanti 40 minuti.
Le successive New Electronix, Nature Boy e Bodies in the Dunes non deludono minimamente le aspettative: tutto rotola perfettamente, senza una sbavatura, tutto da ballare.
Tutto da urlare.
Da Cylotron a Dogboy aprono una parentesi più minimalistica, dando spazialità alla voce, interpretando dei santoni che urlano mantra con una chitarra distrutta in mano, come in Beg Like a Human.
West World apre l’outro furioso dell’album: un crescendo dal sapore garage, sporco, grezzissimo che trova il suo apice prima nelle strofe sontuose di Hang’em High, dopo nella narrazione di Crime Time.
The Horror è un disco bello, uno dei dischi dell’anno, uno dei dischi imperdibili.
Uno dei dischi che non rimarrà nel cassetto del 2012.