Se il 2013 ci ha regalato emozioni a colpi di “We’re up all night to get lucky“, il 2014 si è aperto con la vocina di Pharrell Williams a dirci che lui è felice in Happy.
Che figata!“, voi direte, “Pharrell è veramente un figo e le sue canzoni son tutte belle“. Con calma.

Si fa presto ad affermare il successo dei suoi featuring in pezzi come Beautiful (Snoop Dogg), One (Swedish House Mafia) e la più recente Blurred Lines (Robin Thicke) o ad osannare le produzioni (in solitaria o con i Neptunes) di brani del calibro di I’m A Slave 4 U (Britney Spears), Like I Love You (Justin Timberlake) o Hot In Herre (Nelly), ma quando si tratta di comporre e produrre album per sé stesso, Pharrell si perde in un bicchier d’acqua tra banalità e sonorità scadenti.

Fresco del suo Grammy come produttore dell’anno, il Pharrell decide di portare in studio (oltre a Justin Timberlake e Daft Punk) gente che, musicalmente, ha ben poco da dire come Alicia Keys, JoJo (sì, questa qua), Miley CyrusKelly Osbourne e il caro vecchio Timbaland, che gioca a fare il beatboxer in Brand New. Pharrell, dicevo, il produttore dell’anno 2013. E siccome siamo nel 2014  l’oramai quarantenne decide di ripetere tre album che, nel bene e nel male, hanno fatto discutere molto l’anno scorso: la prima parte di The 20/20 Experience, RAM e Blurred Lines. Tre album che viaggiano sulla stessa linea di soul e (tanto) funk, impacchettati insieme per diventare lavori prettamente commerciali ed estremamente pop.

I brani sembrano per la maggiore un tributo (leggasi wannabe) agli 80s e agli 70s, tra un Micheal Jackson poco modernizzato (Marilyn Monroe, It Girl) e gli Chic noiosi (Come Get It Bae, Gush, Brand New); il resto dell’album a grandi linee è la parte più interessante, nonché la parte che si allontana ai generi descritti sopra, con Happy che tira il gruppo formato da Lost Queen e Know Who You Are. Da considerare a parte è Gust Of Wind, nonché il featuring con i Daft Punk, perché davvero basta, per favore. Lasciamo Random Access MemoriesNile Rodgers dove sono e non tiriamoli più fuori, almeno in queste vesti. Grazie.

Pharrell tira troppo la corda con tutta questa voglia di rendere pop(olare) qualsiasi cosa gli capiti davanti; corda che non si spezza grazie a due brani fantastici quali Happy e Lost Queen. Fai tanto il figo quando sei con gli altri, ma quando sei da solo ti caghi addosso. Questo album non basta e tu lo sai benissimo, caro produttore dell’anno.