Nothing-Guilty-Of-Everything-608x608Etichetta: Relapse
Anno: 2014

Simile a:
My Bloody Valentine – M B V
Slowdive – Just for a Day
Ride – Nowhere

Domenic Palermo è recentemente uscito di carcere per aggressione aggravata e tentato omicidio”
Ok la recensione che seguirà è ASSOLUTAMENTE CONDIZIONATA DA QUESTA NOTIZIA.
Scherzi a parte.
Il tizio in questione è la voce dei Nothing, autori di un album che ultimamente è stato chiacchieratissimo.
La cosa singolare è che il disco è uscito sotto l’etichetta Relapse, che si occupa principalmente di materiale metal. E giusto per alimentare ancora di più la curiosità, aggiungiamo che è stato prodotto da Jeff Zeigler, indie producer che ha lavorato con Kurt Vile e, proprio ultimamente, con i The War on Drugs.
Iniziamo subito a far un po’ di chiarezza: il CD dei Nothing non è assolutamente metal.  Anzi, per tagliere la testa al toro e farvi capire di cosa si tratta, vi riporto le parole con cui la band di Philadelfia presenta il proprio LP: “For fans of My Bloody Valentine, Jesu, Slowdive & Deafheaven“.
Ok credo che, per la maggior parte di voi, tutti i dubbi siano stati fugati: stiamo parlando di shoegaze, genere attorno al quale ultimamente si sta formando una “new generation”, dopo i fasti di vent’anni fa.
In questo lavoro, i Nothing, assorbono a pieno la lezione di quei totem che sono i Mbv, anche se spesso ricordano più le atmosfere dreamy degli Slowdive e non disdegnano di abbandonarsi a momenti vicini al punk, complice il passato hardcore di Domenic.
L’album suona come se fosse stato sputato direttamente dai 90’s e questo per molti potrebbe essere un grosso limite: come da copione infatti è caratterizzato da un caos di rumorose chitarre distorte e feedback che travolgono i brani nei quali però spunta sempre l’inquieta ed eterea voce del cantante.
Già il titolo, Guilty of Everything, ci mette sulla pista giusta, ma basta comunque dare uno sguardo ai testi per capire che l’atmosfera sarà cupa e irrequieta: nei contenuti infatti ci si avvicina molto al grunge, le liriche sembrano appunto più ispirate ad un Kurt Cobain o ad un Layne Staley  che a qualcun altro; complici sicuramente le vicissitudini passate del frontman, che, col proprio background, potrebbe tranquillamente essere un personaggio di Shameless.
Iniziando l’ascolto potremmo essere tratti in inganno dalla opener Hynm to the Pillory che comincia con giri di chitarra docili e solitari, ma basta pazientare un minuto e mezzo per far sì che parta il classico amalgama di rumore che non ci abbandonerà pressoché mai all’interno del viaggio. Si continua con Dig, una canzone dalla più classica anima shoegaze, che risulta tra le più godibili, poi ci ritroviamo a vagare tra episodi contaminati dal punk (Bent Nail e Get Well) e altri più dreamy  (le imparentate Endlessy e Summersault) fino ad arrivare al duo finale: la fluttuante B&E e la title-track che chiude in bellezza.
Nonostante il senso di arrendevolezza e disagio che aleggia per tutta la sua durata , Guilty of Everything riesce a congedarci comunque con uno stato d’animo sereno, grazie alla celestiale voce di Palermo che finisce per emergere sempre, soffice, in mezzo a quel paranoico e possente muro noisy.
In definitiva questo è un disco di una certa qualità che non avrà rivoluzionato il genere e non farà dell’innovazione la sua bandiera, ma che, come prodotto in sé e per sé, rimane decisamente valido.

Tracce consigliate: Dig, Guilty of Everything