Ah guardate, io ve lo dico subito. Non vorrei farvi partire prevenuti o chissà cosa ma… si, a me piacevano molto gli Oasis. No, non mi nascondo, perchè ancora adesso per svegliarmi bene ascolto Cast No Shadow, e canticchio ancora fiero per strada Don’t Look Back in Anger, traumatizzando i passanti.
Definitely Maybe, e soprattutto (What’s the Story) Morning Glory?, li riascolto ancora molto volentieri, e le ritengo piccole gemme degli anni ’90. Il vero peccato è tutto quello che è successo dopo, quello è da riconoscere.
Noi tutti siamo stati raggiunti da un loro pezzo, con annessi i classici luoghi comuni universali sui fratelli Gallagher. Alcuni sono oggettivamente validabili, e quindi perchè non fare un piccolo ripasso? D’altronde è sempre bello ricordarli:

Arroganti del cazzo
Smettela di rubare dai Beatles
Quella cornacchia di Liam
Noel non sa suonare la chitarra (e pensa suo fratello)
Ma quella inizia come Imagine
Che merde gli Oasis, unico pezzo figo della loro carriera è Fuckin’ in the Bushes perchè non canta nessuno” (ed è in The Snatch, e comunque che figata)

Ma la mia preferita, la frase per eccellenza che anche mia madre recita fiera da anni è:

Senza Noel che scrive i pezzi, gli Oasis non avrebbero combinato un cazzo“.

Ok, mia madre non è cosi’ rude come ve la state immaginando. E’ una donna bella, minuta e dolcissima, ma è fermamente convinta di questa cosa. Credo che un po’ tutti lo abbiano pensato e la prova del nove sia stato il primo match Beady Eye vs. High Flying Birds: se i primi capitanati da Liam erano una rock band bella scontata e senza grossa ispirazione, i cari uccellini che volano di Noel avevano sfornato un album d’esordio già gradevole con alcuni singoli da heavy rotation puri come If I Had a Gun… e The Death of You and Me (The Importance of Being Idle pt. II). Non si grida al miracolo, ma il nuovo punto di inizio è sicuramente buono.

Chasing Yesterday riprende il discorso del debutto datato 2011, in cui ci trovavamo alle prese con il suo solito stile, quella reminiscenza Britpop dei tempi che incontra nuove sonorità più acustiche e folk, dando spazio ad arrangiamenti eleganti e delicati. Insomma, non siamo più nel 1995 quando i fratellini arrivavano sui palchi di Londra a suonare in Lambretta, Mr. Noel ha deciso di intraprendere una nuova strada più “introspettiva”, come già avevamo avvertito negli ultimi (mediocri, molto mediocri) lavori a nome Oasis.

Mettere “introspettivo” e “Gallagher” nella stessa frase sembra proprio andarsi a cercare un pugno in faccia da Gascoigne e Vinnie Jones insieme ma in Chasing Yesterday, come già recita il titolo, regna la malinconia. Dai testi alle atmosfere che si sviluppano, c’è una ulteriore rinnovamento rispetto al primo album. Probabilmente Noel starà invecchiando, starà scoprendo una nuova parte della sua anima o semplicemente è un po’ preso male, e tutto ciò si rispecchia nelle melodie dei nuovi pezzi.
You Know We Can’t Go Back con il suo titolo ne è un buon esempio, un pezzo ben tirato di una storia d’amore irreparabile dal mood tremendamente malinconico, o la convincente ballata The Dying of the Light, sorretta da un arrangiamento pressochè perfetto.
L’autoproduzione di Noel convince, soprattutto nel suono caldo delle chitarre e nello spazio dato ai diversi componenti. Ciò che fa storcere il naso, e siamo sempre alle solite caro mio bel ragazzo, è questa storia di citazione/rimandi in cui scadi sempre.
L’opener Riverman, tra l’altro uno dei pezzi migliori dell’album con un assolo di sax molto pregiato, parte e… ma senti quel ritmo di chitarra, ma chissà, è mica quella che ti chiedono tutti di suonare in spiaggia? Che poi l’incipit “It’s something in the way she moves me to destruction” possa essere l’ennesimo tributo dovuto ai Fab Four ci può anche stare, ma bisogna stare attenti a non rimasticare troppo le idee proprie ed altrui.
C’è quel passaggio flauti/acustica nell’intro in The Girl with X-Ray Eyes che sembra chiamare Robert Plant a cantare della famosa scala dove un po’ a tutti piace ricamarci su, e proprio non riesce ad andarmi giù. Se si vuole rimaneggiare il proprio passato, meglio una Lock All the Doors bella fresca che sembra uscita da una session di Morning Glory (cosa, a quanto pare, verosimilmente possibile).
Chiediamo inoltre a Noel di non cimentarsi più in robe simil-funk e campanacci di The Mexican che sono da denuncia/arresto immediato e di seguire la strada più psichedelica e sognante di The Right Stuff può farsi parecchio interessante.
La smetto con i rimproveri, per arrivare a parlare della vera vincitrice, ovvero The Ballad of the Mighty I. Il secondo singolo estratto (il primo In the Heat of the Moment non mi aveva proprio convinto) che chiude l’album è un pezzo bellissimo, dove spicca la ritmica perfetta e semplice dettata dal basso che sorregge una melodia amara, sognante ed allo stesso tempo anthemica. Il tutto impreziosito da un testo dolce e sincero e dalla chitarra del buon amico Johnny Marr: insomma un piccolo gioiellino pop che Noel può appendere nella sua personale bacheca.
Infine, notevoli anche le b-side Do The Damage e la scanzonata e divertente Leave My Guitar Alone.

Chasing Yesterday, contrariamente alle malelingue diffuse dai soliti detrattori, è un lavoro buono, una ulteriore evoluzione delle nuove idee musicali di Noel Gallagher, piacevole all’ascolto e che sa intrattenere.
Lo ritroviamo così come l’ottimo songwriter che è sempre stato, nel bel mezzo del suo nuovo viaggio, in costante crescita.
Ciao ciao Liam, un bacio.

Traccia consigliata: The Ballad of the Mighty I.