Nel Febbraio 2010 Sean Lennon è andato a San Francisco, città notoriamente pericolosissima per una serie di innumerevoli motivi (fra i quali essere piena di fricchettoni e di droga), e per stare tranquillo si è fatto accompagnare dalla sua mamma Yoko, che a sua volta si è portata tutta la sua band. Arrivata in loco, la compagnia della Ono ha deciso di fare un concertino, occasionalmente aperto dai Deerhoof. Sean e Greg Saunier si sono stati subito simpatici e quando, fra un bicchierino e l’altro, Greg ha attaccato con una barzelletta (“allora, ci sono una giapponese, un beatle e un ebreo…”) Sean non ha saputo resistere e subito dopo gli ha chiesto di fare una band. Al che il tipo dei Deerhoof ha plausibilmente replicato: “va bene dai, pero famo una roba tranquilla che di progetto serio ce n’ho già uno, occhei? Va bene lo stesso se non scriviamo un cazzo e ci inventiamo tutto al momento?”. E così, “improvisational project” fu.

Nell’ottobre del 2012 pubblicano la loro prima canzone insieme, Mechanical Mammoth.

Con la dovuta calma (proprio per l’ottimo motivo menzionato poco sopra, cioè che Greg Saunier ha di meglio da fare), eccoci ora alla pubblicazione del loro esordio, l’omonimo Mystical Weapons.

Superata la disagiante copertina, che ritrae una graziosa fanciulla della belle époque che oltre alle tette ci mostra quattro simpatiche zampine da ragno, partiamo con l’ascolto: dopo una breve intro di pianoforte solo, la prima traccia Impossible Shapes esplode in un rumoroso episodio di chitarra, che poco dopo lascia spazio ad un passaggio lento ed arioso, che conferisce slancio e respiro al pezzo. Nel complesso la dinamica è gestita molto bene ed il pezzo risulta non fare schifo, ma sono cose che molti sapevano già fare piuttosto bene negli anni ’60. Proseguiamo con il secondo pezzo, il singolo dell’album Mechanical Mammoth, che, con il suo incedere discontinuo e caotico, si lascia ascoltare, pur non essendo nulla di particolarmente rilevante. C’è da dire a discolpa di Greg e del piccolo Sean, che se abbinato al video di Martha Colburn (le cui proiezioni accompagnano i live del gruppo) il pezzo funziona decisamente meglio, e, in un certo senso, si completa, colmando parzialmente la sensazione di embè?? che il solo ascolto aveva lasciato -anche se, a onor del vero, credo che se lo stesso prodotto arrivasse da dei totali sconosciuti, faticheremmo non poco a prenderlo sul serio.

Dopo Mechanical Mammoth arriva Silk Screen Eyes, altro pezzo che, con il suo minuto di rumorini random, non dà assolutamente motivi per essere ricordato. Dopo ancora Whispers The Blue Tongue, per il quale possiamo fare un discorso analogo -e così via. Procedendo, l’ascolto non riesce ad incrinare l’impressione creatasi a primo impatto, quella di essere un disco molto approssimativo e un po’ velleitario, non privo di buoni spunti ma nel complesso non certamente sufficiente. Fra tanto ampie quanto poco significative atmosfere, il disco prosegue e si conclude, ripescando qua e là spunti di floydiana memoria -per carità, gradevoli, ma anche assolutamente anacronistici.

L’ascolto di questo Mystical Weapons riporta immancabilmente alla memoria di tutti i musicisti i loro quattordici anni: quelle serate di prove andate a puttane, quelle nelle quali, dopo un paio di cannette, quello che aveva voglia di provare le cover se ne andava, e rimanevano solo i più fatti, che stancamente dediti ai loro strumenti, andavano avanti a produrre interminabili suoni a caso. Fatta eccezione per questo fattore-nostalgia, questo lavoro trasmette veramente poco.

Se la loro musica può essere capita appieno solo se accompagnata dalle performance video della Colburn, e ci troviamo necessariamente nella condizione di non poterci capirci un cazzo, non è certo colpa nostra: avrebbero potuto fare un dvd o non fare niente direttamente e non pubblicare quest’album anacronistico e un po’ presuntuoso –
non certo sgradevole, per carità, ma ben lontano dall’aver davvero qualcosa da dire.

Tracce consigliate: Mechanical Mammoth