Ritornano i nipponici del post-rock, modellatori dei suoni più luminosi e di quelli più oscuri da più di una decade. Sono passati due anni da For My Parents e si ripresentano al pubblico con ben 2 dischi:  The Last Dawn e Rays Of Darkness. Il disco di cui vi parlerò è quest’ultimo, il quale vive di inquietudine e timore: solo quattro pezzi che coprono 35 minuti di musica. I Mono riescono nell’intento di farci provare le emozioni e i sentimenti che volevano donarci: claustrofobia, oppressione, paura, ansia. Il disco funziona, le canzoni non risultano particolarmente pesanti. Recoil, Ignite e The Hand That Holds The Truth, partono docili per raggiungere il climax nella parte finale con impetuosi wall of sound, nulla di nuovo, cose già sperimentate da praticamente qualsiasi gruppo del genere; The Hand… delizia gli ascoltatori  con un inaspettato scream del cantante degli EnvySurrender è uno di quei pezzi che resta statico a mezz’aria per tutta la sua durata, un momento di lucidità, una sospensione onirica ed imperiosa. Gli strumenti a fiato alleggeriscono un’atmosfera lenta e pachidermica, in continua confusione. Il disco si chiude con The Last Rays, un pezzo noise-drone abbastanza anonimo  rispetto alle tre tracce precedenti. Me lo sarei aspettato su un disco più corposo, ricco di spunti e sonorità.

Probabilmente siamo arrivati ad un bivio e non solo per i Mono che nonostante tutto riescono a fare e a dare ciò che l’ascoltatore vuole, cercando dei minimi spostamenti nel loro sound. Parlo anche in maniera generale del post-rock: mentre ci sono gruppi che riescono a manipolare questo genere, restando in continua evoluzione e al passo con i tempi, resta quello zoccolo duro che suonerebbe i soliti pezzi da 15 anni a questa parte. Riparlando dei Mono, sì, i pezzi sono belli, ma cosa aggiungono a ciò che c’è già? C’era proprio bisogno di mettere 2 pezzi con climax? Non si poteva lavorare a qualcosa di diverso? C’era proprio bisogno di un esageratamente lungo e noioso pezzo drone a chiudere l’album? Questi sono interrogativi legittimi che possono far diventare un album da mediocre ad ottimo e gli spunti positivi ci sono, come Surrender, una bella traccia slowcore, ma non bastano più i wall-of-sound storci-budella e una voce scream per impressionare, bisogna partire dalle cose basilari e semplici.
Invece di concentrarsi su due dischi che probabilmente non aggiungeranno niente alla luminosa carriera dei Mono, si poteva forse realizzare un unico album analizzando ben bene le idee a propria disposizione.

Traccia Consigliata: Surrender