MyCTR7BcKBVoLjgKyPkUNAwGFpBBauIGGDOutsNAJvoQbTbOMhEVm06EVa2twJqEMvJBEbXsceRUkTNStUAbqMM_PDTokpvdkmSLspRT0iEwp4RNw8OOrLRLO7zF5pDZQSucide Songs è la luce di un faro e Jamie Lee è il guardiano, rinchiuso nella sua fortezza e destinato a contemplare il mondo ad intermittenza, in bianco e nero, con il rumore di una pellicola in sottofondo e una vita che scorre nel silenzio di una torretta di controllo.
Lo avevamo lasciato con il suono della morte di tutto di Shadow of Heaven, con il sospetto che il gruppo avrebbe potuto risentire delle manie di protagonismo e della instabilità emotiva di Lee, in bilico tra il bohémien e il ragazzo sulla panchina senza soldi, come canta in All My Life. Distante dalla vita terrena, in uno stato trascendentale di alcolismo e dannazione, ha sfornato una manciata di versi che rappresentano un valido motivo per tenerlo in vita proprio perché Suicide Songs è un inno alla vita.

I MONEY insomma l’han fatta grossa, facendo coesistere questi tormenti con la musica in un album fuori concorso, libero nelle sue espressioni (Night Came) e tragico nei suoi ritratti (A Cocaine Christmas and An Alcoholic’s New Year). La seduta psicoanalitica di Lee dura poco più di 4 minuti ed è inclusa nella sinfonia agrodolce di I’m Not Here, dove canta il diritto di poter vivere in un’altra dimensione, come un Richard Ashcroft tornato giovane. È una vita d’altri tempi quella incisa in queste tracce, e i singoli You Look Like A Sad Painting On Both Sides Of The Sky e I’ll Be The Night avevano già messo a fuoco i bagliori notturni del poeta rinchiuso nella sua fortezza.

Sucide Songs è un album senza tempo, sceso dalle nuvole di Manchester e atterrato in una sala di registrazione; una palette sonora di chi ha trovato nella musica qualcosa in cui credere.
Il monoascolto è severamente vietato.

Tracce consigliate: I’m Not Here, Night Came, I’ll Be The Night.