We need the world to respect us, They consume a lot of hits and just act like it wasn’t… I ain’t never seen nobody make these many hits and not get notified for it. And change the game like we did and bring the flow to the game the way we did and not get noticed for it, like the the big way – the real system way.

Già pochi mesi dopo l’uscita di Versace a fine 2013, tutti, dal tuo rapper preferito a quello con cento visualizzazioni su Youtube, avevano fatto proprio il “triplet flow” di Quavo, riproponendolo in tutte le salse. Per quanto i Migos non siano stati i primi ad usare una terzina nel rap  il merito di questa diffusione è sicuramente loro. Lo stesso è successo con la dab: se vedete ovunque gente che sembra starnutirsi nel gomito è merito loro – e che merito – a prescindere da chi sia stato effettivamente l’ideatore del gesto.
Fino a poco tempo fa quindi i Migos erano perlopiù associati ad un pezzo in cui ripetevano una cosa (vssaci) per quattro minuti e ad una pseudo mossa di danza. Scollarsi di dosso un’immagine così radicata di rapper-meme non è facile, ma ad aiutarli è arrivato lo shoutout di Donald Glover (che già li aveva ospitati in veste di attori nella sua serie Atlanta) ai Golden Globe, il quale ha nominato Bad and Boujee “the best song ever”. Considerando quanto poco possano intersecarsi il pubblico dei Golden Globe e quello dei Migos, il pezzo si è visto triplicare gli ascolti in pochissimo tempo, finendo qualche giorno dopo al primo posto della Billboard Hot 100 (ad oggi è ancora lì).
Abbandonati i ritornelli ossessivi e l’idea di mettere assieme solo una sfilza di potenziali hit, Culture è il tentativo dei Migos di legittimarsi, di fare un album sul serio. Non sembra un caso che i singoli (T-Shirt, Call Casting e Bad and Boujee) siano messi uno dopo l’altro all’inizio del disco, ma una scelta consapevole per liberarsi subito di quello che è già noto e mostrare cosa c’è di nuovo.
Non che poi ci si allontani da quelli che sono i canoni e gli stilemi della trap, che però vengono utilizzati decisamente meglio di quanto visto negli ultimi anni di mixtape pieni di tracce da skippare fino a trovare il pezzo giusto. In questo album non ci sono filler, riempitivi: i tredici pezzi che lo compongono sono tutti validi, anche se alcuni possono avere una durata eccessiva.

Come già detto, con Culture i Migos non si allontanano da quello che hanno sempre fatto, ed è evidente come non ne abbiano intenzione. L’idea alla base è quella di rivendicare tutto quanto, è questo il significato esplicito del titolo. Culture è un manuale trap che copre tutti i concetti essenziali.
Per alcuni potrebbero esserci le basi per screditare il disco come la solita roba gangsta che ti viene in mente quando qualcuno dice “roba gangsta” sopra la solita musica trap che ti viene in mente quando qualcuno dice “musica trap”, ma l’ironia dei tre e la loro capacità di interagire luno con l’altro lungo tutte le tracce garantiscono un livello inaspettatamente più alto del solito. Per un album con un’impronta musicale così marcata è sorprendente la varietà al suo interno, si ascolti il ritornello ipnotico di What the Price, e l’utilizzo tutto sommato ben calcolato dell’autotune.
A stonare è invece la presenza di altri rapper nel disco. Con l’eccezione di 2 Chainz in Deadz, Lil Uzi Vert e Gucci Mane aggiungono poco e niente alle tracce in cui partecipano mentre Travis Scott è decisamente superfluo. Preferire 2 Chainz a Travis Scott non è solitamente facile da giustificare, ma almeno il primo nella sua strofa non scrive di come la cocaina nei suoi capelli gli faccia pensare di avere le zecche. Ecco.

Mantenendo i temi, il flow e lo stile che li hanno da sempre caratterizzati, i tre riescono a rivolgersi al loro vecchio pubblico e ad attirarne uno nuovo dimostrando una maggiore costanza e delle capacità in crescita. Per quanto ormai certe cose siano inevitabili , i Migos non sono più solo meme.

Tracce consigliate: Deadz, Bad and Boujee