Sono passati 8 anni da quando Andrew e Ben, gli allora The Management, cantavano nel cortile del loro college davanti a un gruppetto di amici/compagni quasi-indie. Otto anni in cui di acqua ne è passata e non solo nel torrente degli MGMT. Scordatevi tutti i brani dreamy che vi (ci) hanno fatto emozionare in Oracular Spectacular e dimenticatevi pure quei pezzi molto meglio prodotti in Congratulations, il quale però alla fine risultava troppo piatto. Qua si apre un nuovo capitolo, o almeno è quello che pare abbiano cercato di fare gli MGMT. Riuscendoci male.

Il disco apre con Alien Days, nonchè primo singolo uscito lo scorso Aprile, che tutto sommato non suona poi così male, nonostante il mood sia sempre quello: rock psichedelico fatto di synth drogati (non abbastanza), vocine e cori da trip e tutto il resto della banda che segue gli strumenti lead quasi come fosse obbligata, in maniera banale e senza particolari idee. La speranza, che di solito muore per l’ultima, viene sconfitta già dopo pochi minuti da una doppietta di pezzi obbrobriosi quali Cool Song No. 2 e Mystery Disease che davvero sarebbero le peggiori tracce persino nell’ultimo album dei Kaiser Chiefs. Il resto dell’album è un continuo provare (e non riuscire) a fare roba figa in stile The Flaming Lips o Tame Impala (quest’ultima band, ricordiamo, aprì diverse date degli MGMT sia nel 2008 che nel 2010).  Nessun’altra traccia degna di nota, forse Introspection si salva nel calderone, ma vabhè più di metà del merito non è loro, siccome è una cover pari-pari all’originale di Faine Jade del ’68.

Un disco che lascia davvero il nulla più totale, persino a tutti quei fan che 3 anni fa riempirono l’Alcatraz di Milano con la convinzione di andare a vedere una band che da lì in poi avrebbe scalato ogni vetta sino ad arrivare nell’Olimpo della musica, quando invece era già finita e stava precipitando verticalmente al suolo. Suolo trovato il giorno in cui è uscito questo disco.

Reccomended tracks: Aliens Days