Nel 2015 Bo Madsen, chitarrista e uno dei membri fondatori dei Mew, lasciò la band, notizia che fu accolta quasi tragicamente dai fan del gruppo danese, in quanto il suo apporto alla scrittura e struttura dei brani è stato fondamentale fin dai primi lavori. Non è la prima volta che la formazione subisce dei cambiamenti (nel 2006 lasciò il gruppo il bassista Johan Wohlert per poi tornare nel 2015), mai prima d’ora però i Mew erano rimasti privi di uno degli elementi distintivi del loro suono, per cui c’era più di qualche perplessità riguardo Visuals, il settimo album pubblicato a soli due anni di distanza dal precedente + –. Anche se in formazione dimezzata (e con l’aiuto in parte del chitarrista Mads Wegner) non rinunciano ugualmente ai suoni e contenuti dreamy, loro caratteristica da sempre. Nothingness and No Regrets, brano che apre l’album, è un autentico manifesto di spensieratezza e positività (I don’t know what makes it grow/I know seasons come and seasons go) nell’accettazione della mortalità e di come non sempre si concretizzino le cose nel modo in cui ci si augurava (In a polyester death/There is nothingness and no regrets… We could have made it/I believe we faded/And soon the world will too/We should have wanted/Shown it).

Una chitarra acustica accompagna la voce di Jonas Bjerre che, dopo 20 anni, sembra non risentire del passare del tempo, in un crescendo che vede progressivamente l’ingresso di synth e un’esplosione di percussioni che contribuiscono a rendere ancora più magica l’atmosfera. La componente prog è sempre presente, come è bene evidente dall’inizio della successiva The Wake Of Your Life, che parte con 30 secondi di un rullo di percussioni e prosegue sorretto da un corposo basso che fa da contraltare alla potente e precisa batteria di Silas Jørgensen; siamo solo all’inizio, ma è chiaro come synth e percussioni abbiano cercato fin da subito di colmare il vuoto lasciato dalle chitare di Madsen. Candy Pieces All Smeared Out sembra un ritorno alle sonorità più aggressive e industrial di And the Glass Handed Kites, tra chitarre “hard rock” e ottoni che rendono pomposo ma  comunque non troppo saturo di suoni il brano (il rischio più grande era proprio questo).  In A Better Place è un tripudio di sintetizzatori verso l’infinito à la M83 con una batteria vigorosa e lineare, che si conclude con una tromba dal sound jazz che confluisce però un suono ambient alla coda del brano, mentre l’up-tempo Learn Our Crystals tra fiati e atmosfere vagamente tropicali è una canzone che vi sarà difficile non ballare; da qui in avanti l’album è un altalenarsi di suoni e generi diversi, tutti però sempre bene amalgamati e coesi tra loro.

Twist Quest, nato durante una lunga jam session, è un ottimo brano in cui si fondono suoni giocondi a testi cupi su il cui significato è incerto anche l’autore stesso (“I guess the song is about being confused, and unable to keep your mind still from all the stuff that floats around it. The expectations we put on ourselves. But also there’s a sense of celebration in it”), ma la bellezza sta tutta nell’incedere delle parti di batteria di Silas e nel sax, che prima rimane in secondo piano e poi esplode in tutto il suo splendore in un magnifico assolo stile anni ’80. Una gradita quanto inaspettata sorpresa da parte dei Mew, che compensano la mancanza del chitarrista originale con l’inserimento di fiati e sintetizzatori, riuscendo a creare ugualmente un suono massiccio e coinvolgente. Shoulders è un viaggio lento e malinconico che, complice il suono etereo della voce di Jonas, conduce l’ascoltatore in una sorta di dimensione onirica; in 85 videos ancora una volta a farla da padrone è la sontuosa ritmica percussiva del buon Silas che accompagna l’ennesima ottima prova vocale del quarantenne nativo di Frederiksberg.  Zanzibar è di una dolcezza tale che vorresti non finisse mai, qui Jonas ci prende per mano per farci letteralmente volare in un’altra galassia. La ballata Carry Me To Safety è il punto musicalmente più stratificato dell’intero album, tra voci sovrapposte, synth e un sax che esplode in tutta la sua bellezza sul finale in un assolo da brividi;  Seeker Shievers sembra più un riempitivo che fa da ponte per la conclusiva Heavenly Jewel Thief, gioiello pop che conclude l’album così come era iniziato tra atmosfere magiche e surreali. I Mew, nonostante orfani di un membro fondatore e importante come il chitarrista Bo Madsen, sono tornati più in forma che mai, con un album molto più a fuoco e convincente del precedente + –. È anche nel modo in cui si reagisce ai momenti di difficoltà che si dimostra la propria grandezza e a 20 anni dall’esordio sono riusciti a confermare di essere ancora un gruppo che ha tanto da offrire e da dire, grazie all’enorme talento di Silas Jørgensen (il vero motore del gruppo) e all’eterna giovinezza del peter pan Jonas Bjerre, fino a quando loro due continueranno ad essere in questo stato di forma possiamo stare tranquilli, i Mew non smetteranno di farci sognare.

Tracce consigliate: Carry Me To SafetyTwist Quest