L’esordio dei Merchandise su 4AD è la conferma che se l’idea che ti sostiene è valida (in questo caso it means che le tue capacità nel tessere gli arrangiamenti sfiorano la perfezione) non importa se peschi a piene mani da quel pop tutto 80’s che quando a 15 anni ne sentivi solo l’avvicinarsi dovevi ascoltare minimo due ore di Nirvana per neutralizzarne l’effetto.  Il titolo viene ripreso nella struggente title track ma in senso lato può riferirsi al seppuku artistico dei vecchi Merchandise per rinascere sotto le nuove spoglie di quello che definiscono loro stessi “formal pop”.

Disarmanti. Non ci sono aggettivi migliori per descrivere questi 10 brani, che smontano uno dopo l’altro le nostre (MIE) resistenze alle nenie à la Morrissey, al guitar pop d’annata, alle batterie effettate, ai synth di maniera. Se poi teniamo conto dell’evoluzione che la band ha avuto nel tempo,  dal punk alle scorribande noise-shoegaze, tutto ciò risulta ancora più sorprendente.
I riferimenti sono quelli che saltano sempre fuori in questi casi: Cure, Smiths, Echo & the Bunnymen, XTC, ma anche REM e il college rock in generale, oltre che il power pop dei Big Star, ecc.; il tutto viene interpretato dai Nostri in salsa kraut rock ma tenendo sempre fissa nel mirino l’importanza della melodia.
C’è un momento indefinito tra il primo ascolto e la prima metà del secondo in cui ti risvegli (musicalmente) adulto, senza paraocchi, e ti rendi conto di come la bellezza, quella vera perché onesta, sia in grado di coprire ogni particolare e dettaglio a patto di saper lasciarsi trasportare. A questo ci pensa un Carson Cox in stato di grazia che non si risparmia in gorgheggi (Enemy, True Moment, Green Lady)  e croonerismi vari (Life Outside the Mirror, Looking Glass Waltz, After the End).
Non è da meno l’inventiva di David Vassalotti, altro grande protagonista dell’album: la sua chitarra assetata di novità può disegnare tanto paesaggi armonici figli del miglior Marr, quanto riverberi sghembi memori della lezione di Robert Smith e soci.

Si tratta senza dubbio di un progetto ambizioso che mira ad un perfezionismo maniacale sin dalla cover (Viennacube di Frank Haines) e nonostante l’originalità di ogni brano, la struttura d’insieme risulta sostanzialmente organica. In chiusura troviamo una triade di brani dal sapore più malinconico ma che forse rappresenta al meglio lo stato artistico attuale di una band come i Merchandise, oramai in grado di incanalare le loro emozioni, anche negative, anche cupe, all’interno di un contesto organizzato, sublimandole in questo modo; come Cox canta in Looking Glass Waltz, “O’ nostalgia is just a looking glass/It’s for u sto distort and mold/Won’t someone please help me/ I’m too young to feel this old/ But the feeling goes”.
E lasciamolo andare, sto sentimento.

P.S. Per Vittoria:
The soul of Adonais, like a star,
Beacons from the abode where the Eternal are.

Tracce consigliate: Enemy, Lookin Glass Waltz.