Dopo aver ascoltato con attenzione questo ultimo album ho smesso di chiedermi se scenderanno mai di livello. L’undicesimo lavoro dei Low è arrivato a confermarci uno stato di grazia che non accenna minimamente a perdere colpi, nella sua ennesima mutazione che ce li restituisce irripetibili come sempre.
Se il precedente The Invisible Way era un piccolo gioiellino acustico avvolgente plasmato dalla sapiente mano di Jeff Tweedy, Ones and Sixes (registrato negli studi del buon Justin Vernon) lascia entrare l’elettronica portandosi dietro un pericolo non da poco: quanto potrà risultare ostico un album dei Low intriso di drum machines e ipotetici synth cupi?
Il primo impatto non è di certo confortante: duro ed impenetrabile ad un ascolto poco attento. Ma davvero pensate che Alan e Mimi possano sfornare un lavoro che fallisca nel farvi innamorare?
Gentle è l’apertura perfetta che emerge dalla nebbia della minimale quanto significativa copertina, con battiti sintetici che la fan da padrone, un’oscurità tetra in cui si scorge un piccolo faro pronto ad accendersi. Non è così difficile da qui in poi avvertire la vera essenza dei Low: le melodie non vengono sotterrate dai nuovi elementi elettronici, bensì raggiungono un nuovo livello espressivo, inusuale ma molto ben calibrato, sempre accompagnati dalla splendida chitarra di Alan e dall’intreccio di voci da brividi forti della coppia di mormoni più talentuosa del Minnesota.
Li riconosci subito dall’ampio respiro generato nella emozionante Spanish Translation, momento liberatorio ed ispiratissimo da cantare a squarciagola. Ti lasci cullare nella solita ballata accogliente rarefatta di Mimi che risponde al nome di Into You, uno dei pezzi migliori di Ones and Sixes, con la naturalezza con cui ci si riusciva a perdere nei momenti più intensi di Things We Lost In The Fire e The Great Destroyer. I momenti più pop si collocano invece in What Part Of Me?, decisamente splendente e caratterizzata da un ritornello irresistibile, e nel primo singolo estratto No Comprende, delicato e vicino a sonorità slowcore più classiche.
Non mancano alcune graditissime punte di diamante in Ones And Sixes, che ne elevano decisamente il valore. Lies è uno dei punti più alti, colpisce subito al cuore tra la sua immediatezza e le parole meravigliose. Ciò fa da preludio ai 10 minuti di Landslide, che ci riportano indietrissimo quasi ai tempi di I Could Live in Hope: un pezzo definitivo che esplode in una lunga coda distorta ai limiti del noise, una vera gioia per i fan di sempre e non solo.
Ones And Sixes tramortisce e conquista alla grande, risultando uno dei lavori più ispirati della storia recente dei Low, che rimangono uno dei gruppi più importanti della scena musicale underground (e non solo) degli ultimi anni. Dove non arriva il rinnovamento, di certo conquista la solita e sbalorditiva qualità dei pezzi: la scrittura di Mr. Sparhawk sembra vivere di una eterna ispirazione, da far invidia a tutta una generazione di cantautori.
Come sempre ogni loro album lascia qualcosa di profondamente intenso che scuote le anime e, al di là dei gusti personali, sembra innegabile che i Low abbiano un potere immortale ed esclusivo per riuscire a scaldare i nostri cuori.
Tracce Consigliate: Lies, Landslide