Il fantacalcio è ritenuto il gioco più bello dopo il calcio, e per qualcuno la gerarchia è anche invertita. Il fantacalcio smuove emozioni grandi, ma anche grandi masse, e grandi capitali. Ma torniamo a noi: non è un saggio sulla fenomenologia del fantacalcio, bensì si voleva menzionare questo gioco maniacale per raccontare un aneddoto preciso, peculiare: il giornalista che, una tantum, si è ritrovato al termine della scorsa Serie A a dover dare un voto a Francesco Totti, in quel Roma – Genoa, ultima partita del Capitano giallorosso allo Stadio Olimpico di Roma.

Ecco, allora, ci si chiede: quel giornalista ha giudicato una singola prestazione (che tuttavia fu sudatissima) o una intera, gloriosa, meravigliosa storia? La professionalità avrebbe portato il giornalista sportivo a soffermarsi sincronicamente a quella domenica, ma in certi casi è veramente impossibile scindere un personaggio dalla carica simbolica che si porta sulle spalle, e non si tratta di scelte di cuore e di pancia, ma si tratta proprio di buon senso; quindi, credo che il giornalista che ha dato il voto massimo a Totti al termine della partita, che coincideva tra l’altro col suo pure-questo-simbolico numero di maglia, non si sia fatto trascinare da un attacco di romanticismo, bensì credo che abbia attuato un principio ben noto e razionale. Si tratta dello stesso principio che per esempio governa il fenomeno del divismo nel cinema, lo stesso principio che fa schizzare alle stelle la quotazione di un artista: insomma, il principio che rende impossibile estrapolare un personaggio dal suo contesto, dalla linea diacronica, dalla storia che lo ha costruito e dalla carica simbolica e carismatica che lo caratterizzano. Dalla luce diversa da chiunque altro che riesce ad emanare.

Dobbiamo tenere conto di questi dettagli per poter parlare di As You Were, la prima volta di Liam Gallagher da solista, perché l’ex frontman degli Oasis rientra a pieno in questa elitaria categoria di personaggi. Si è partiti con un discorso (fanta)calcistico neanche troppo a caso, dato che è risaputa la passione di Liam per il calcio e per il suo City, ma ora è bene distanziarci da quell’esempio iniziale perché appunto, là si parlava di una fine, mentre qua ci troviamo davanti ad un esordio.

Restano però validi la valutazione e i dilemmi di cui sopra: come comportarsi con As You Were?

Il disco, è bene precisarlo fin da subito, non è oggettivamente un qualcosa che musicalmente può dire molto: non introduce nessuna novità, pochi spunti vivaci, nessun apice particolarmente interessante. C’è uno schema classico, due chitarre, un basso, una batteria e poche altre varianti. Questa, si sa, è ormai una formula stantia, ferma nel tempo: un rock’n’roll imballato nell’acido lattico che riempie tutti i suoi muscoli. Ed è infatti racchiusa proprio in una poco dinamica muscolosità rock almeno metà del disco, connotato che si controbilancia con un’altra metà invece fatta di più morbide e delicate rock ballads.

Questa non è una semplice impressione, ma è una suddivisione quasi simmetrica, dato che delle 12 tracce sono asseribili 6 brani alla prima rocciosa categoria e 6 alla seconda (Wall Of Glass, Bold, Gleedy Soul, You’d Better Run, I Get By, Come Back To Me VS Paper Crown, For What It’s Worth, When I’m Need, Chinatown, Universal Gleam, I’ve All I Need).

Ma geometrie del genere, poco plastiche e molto marmoree, c’era da aspettarsele, perché As You Were è prima di tutto un prodotto fortemente etichettato; insomma, stiamo parlando di un disco edito Warner, oggetto di grandi aspettative e di una grandissima campagna pubblicitaria, e dunque per il quale sono stati impiegati ingenti investimenti, sicuramente anche per la sua costruzione. Infatti, sappiamo che per la produzione del disco sono stati assoldati due nomi di prim’ordine, Andrew Wyatt (vanta collaborazioni con Lorde e Florence + The Machine) e Greg Kurstin (già a lavoro con Adele, Foo Fighters). Dunque un braccio destro e un braccio sinistro che sicuramente hanno permesso al frontman di colmare alcune lacune, consistenti in quei compiti di scrittura, di composizione che era solito svolgere Noel negli Oasis, e che – motivo di fallimento – non svolgeva nessuno all’altezza ai tempi dei Beady Eye.

Da una parte dunque è stato superato un gap, ma dall’altra sono venute meno acrobazie d’ogni genere, azzardi, slanci bendati che avrebbero potuto magari condire il disco con un qualche brio differente. Ma purtroppo questo non è accaduto, As You Were dal punto di vista squisitamente musicale ha perso l’occasione: è un disco sì energico e carismatico, ma molto statico, schematizzato, ragionato, geometricamente ed algebricamente costruito, privo di guizzo; sicché, sempre musicalmente parlando, per impatto, innovazione, proposta, nel suo complesso sarebbe da considerarsi un album insufficiente. Ma attenzione, sarebbe, non è.

E qua entra di diritto il fattore x, che non è quello inventato da Simon Cowell, ma si tratta del principio di cui abbiamo parlato in apertura di questa recensione. As You Were sarebbe un disco insufficiente se non fosse che sulla copertina c’è quel volto, quelle eyebrows, il volto quarantacinquenne, accompagnato per la prima volta dal suo nome per esteso, di Liam Gallagher, il frontman di una delle ultime band più gloriose della storia del rock mondiale; l’uomo che dal 2009 sembrava finito, ma che ora ci ha messo la faccia per giocarsi tutto, proprio con questo progetto, che finora abbiamo giudicato negativo.

Negativo fintantoché non spostiamo il focus dell’attenzione verso altri lidi, attivati da criteri che esulano l’aspetto propriamente tecnico dell’album e che appunto rientrano nella sfera d’influenza che l’aurea aleggiante attorno a Liam emana. Un’aurea quasi di religiosa venerazione per l’uomo di Manchester, rinnovata in quest’ultimo anno attraverso il lungo cammino di promozione e restaurazione della sua immagine mitica. Non a caso, è diventato un tormentone il commento “biblical”, rilasciato da una moltitudine di fan per ogni cosa Liam pubblicasse sui suoi canali.

Dunque si entra in una dimensione con la quale una major, guru della produzione e apparizioni in tv non possono competere: si entra nel cuore di una carriera e di una storia personale impossibili da eliminare, e che sempre saranno ingombranti sopra le spalle di Liam. L’ingresso a queste dinamiche è posto giusto all’inizio del disco, quando si sente la voce attaccare nel brano di apertura, primo singolo estratto, Wall Of Glass. Quella voce, che si credeva ormai irrecuperabile, a metà anni ’90 era un limpido suono tutto di gola, un sofisticato bisturi che nel tempo però si è modificato in un grezzo monile preistorico; ma Liam cosa fa? Fa sì che questo deterioramento vocale diventi la sua nuova cifra, ed ecco che in As You Were, la voce più nasale e più affaticata, risulta per la prima volta addomesticata, controllata e studiata.

È proprio nella voce di Liam che si percepisce maggiormente la sua voglia di riscatto, di rilancio, nell’impegno che trasuda dall’utilizzo di questo nuovo “strumento”.

Liam è stato dunque capace di riprendere per i capelli una situazione che sembrava persa, è tornato a saper cantare in maniera convincente; lui, a differenza del suo rock’n’roll in toto, ha saputo sì trasformarsi e riproporsi. Lo dice chiaramente sempre in Wall Of Glass,

You were sold a one direction

I believe the resurrection’s on

And you were wrong

Credere nella resurrezione artistica, e crederci guardando in avanti, senza adagiarsi e misurarsi secondo le esperienze del passato – motivo per cui mai si sente il verso degli Oasis. C’è un passaggio molto significativo, a tal proposito, in Bold:

There’s no love worth chasing yesterday

Innanzitutto perché viene usata quell’espressione lì, “chasing yesterday”, che è il titolo ed il concetto di fondo del secondo album da solista di Noel, e viene usata in una connotazione negativa, per dire che non c’è niente per cui valga la pena rincorrere il passato. Ed è proprio questo il messaggio più forte che Liam vuole trasmettere, il concetto del non guardare indietro per ritrovare se stessi,

There’s no time for looking back

Thanks for all your support

Slow down, all things must pass

Take your time, know the score

Tomorrow never knows

The winds of change must blow

I hibernate and sing

While gathering my wings

I hibernate and sing, come un purosangue col paraocchi prima della corsa. In As You Were Liam Gallagher ha posto l’accento sul prodotto che è diventato, e non su quello che è stato: una rockstar d’altri tempi ormai diventato adulto, lo spaccone di sempre, ma adulto, più misurato, più equilibrato.

Una rockstar che nella testa ha sempre un mito, il mito del glorioso rock’n’roll del secolo scorso, soprattutto di stampo Beatles, che emerge in negativo in alcuni pezzi del disco tipo When I’m Need e Universal Gleam, ma emerge in maniera oscenamente esplicita nella potente You’d Better Run, in cui vengono messi in rima Rolling Stones e Fab4:

Angels, give me shelter

‘Cause I’m about to fall

Stone cold, Helter Skelter

Il riferimento ai due successi è chiarissimo. Anzi, c’è pure un altro confronto esplicito, un verso in I Get By in cui riecheggiano i Joy Division, “Only love, they say will tear us all apart”, ma insomma, si tratta forse di una sciocchezzuola, perché Liam Gallagher è quanto di più lontano ci si può immaginare da Ian Curtis.

Insomma, nella testa di Liam c’è un obbiettivo chiaro, quello di mantenere vivo l’encefalogramma del rock’n’roll, e lo fa riproponendo le sue personalissime influenze, ma mai riecheggiando la band che l’ha portato ai vertici della scena. In conclusione, pensiamo di rispondere così alla domanda posta in partenza, come comportarsi con As You Were?; pensiamo che se questo disco non fosse stato così carico di significato, si sarebbe disperso nel nulla, come un qualsiasi album che non riesce ad affermarsi in un aspetto importante.

Ma questo disco è per la prima volta il nome, il volto e la voce di Liam Gallagher da solo. E dunque, benché il motto don’t look back sia centrale nell’album, noi non possiamo fare a meno di ricordare chi sia l’autore, e quale sia la sua storia. Allora, approdando in territori extra-musicali, rendiamo grazie ad As You Were perché ci ha restituito un Liam Gallagher energico, vivo, carismatico: un Liam Gallagher che potrà tornare a illuminare con la sua postura il centro del palco, e ad infiammare i suoi fan, a scuotere il sistema limbico dei Mad Fer It.

As You Were non è oggettivamente un album memorabile, non ha lezioni di impartire, ma sancisce il ritorno e il rilancio di uno dei personaggi più significativi degli ultimi vent’anni. Ecco che dunque diventa impossibile sostenere, alfine, che questo sia un disco insufficiente da scartare.

You think I’m giving up

I got a rhino heart

Don’t give a fuck, alright?