Ma certo che il dream pop ha rotto il cazzo, ma finché è il 2k12 lo si può ancora accettare senza troppi problemi, dai. Il sophomore di questa band californiana comincia come un album dream pop qualunque: suoni sentiti e risentiti, atmosfere amabili & cliché. Tutto nella norma, l’iniziale Visions è davvero carina, Scratch e Take My Jacket, Pauline reggono sufficientemente il tiro.

Poi arriva Postcard, come un fulmine a ciel sereno: un paio di beat bitcrushati e lo shoegaze-y indie-dream-(electro-)pop (sì, lo so ci vorrebbero più trattini, tanto dal marasma di tag avete già capito esattamente come suonano) dei Letting Up Despite Great Faults si scontra con dei synth sfacciatissimi che inneggiano all’eurodisco. E ci si gasa, madonna se ci si gasa. Il tiro “eurodisco” si propaga in esattamente in metà delle tracce del disco (oltre l’inarrivata Postcard abbiamo le buone prove di Bulletproof Girl, Details Of My World, Breaking e la meno riuscita del disco, Numbered Days): più l’attitudine tamarra (nascosta dietro le chitarrine e sepolta dal riverbero) è ammiccante più le tracce diventano fighe.

Il resto del disco invece rimane stagnante in quel cliché shoegaze-y indie-dream-(electro-)pop di cui prima (con tanto di vocalità e sussurri distorti à-la M83 – prima che Anthony Gonzales iniziasse a urlare come una negra), e come se non bastasse c’è pure la traccia vogliostrappareunpodimutande On Your Mark, che lascia il tempo che trova, e trova pochissimo tempo, e forse ne lascia addirittura meno di quello che trova.

Globalmente comunque ci si gasa parecchio.