È stata stra-discussa negli ultimi anni la posizione nella musica italiana del Teatro degli Orrori. La creatura musicale di Pierpaolo Capovilla sembra aver perso la spinta più alternative e noise e una grossa fetta del suo pubblico si è stufata per questa e per altre ragioni, ma resta uno zoccolo duro che li difende a spada tratta e il loro peso (anche per via dell’etichetta) è innegabile. Dopo tre anni e mezzo dall’ultima uscita è arrivato il disco omonimo Il Teatro degli Orrori, e non parlarne viste le premesse pare brutto.

Musicalmente c’è qualche novità: in primis il ritorno a delle sonorità più aspre dopo le lagne dell’ultimo Il Mondo Nuovo, con la parte ritmica che martella fortissimo e alcuni break strumentali niente male.
In secondo luogo il Teatro degli Orrori non è riuscito a sottrarsi alla recente (insomma…) mania del synth e purtroppo l’uso dei sintetizzatori sembra caricare un po’ troppo il suono già pesante del gruppo; ogni tanto funzionano, chiaro (Una donna), ma spesso il muro di suono diventa muro confuso di suono e la differenza si sente. Spesso la musica riesce a trasmettere la prospettiva fatalista dell’interprete magno, e questo è un pregio. Però, ovviamente, aggiungi dramma musicale al cantato isterico e ai testi fatalisti e l’opera si sovraccarica, diventa caricaturale. Il risultato ascoltabile è una traccia come Genova: buone idee, tema caldissimo, musica claustrofobica MA tutto eccessivo, caricato, indigeribile.

Il Teatro degli Orrori parte citando Morandi in Disinteressati e indifferenti e purtroppo ad un certo punto il testo fa “che paese di merda” facendo presagire dei problemi di songwriting che affliggeranno poi tutto l’album.
Ad esempio c’è il tema usurato dell’amore non corrisposto per il proprio paese in Bellissima, o Lettera aperta al Partito Democratico che richiama nel titolo (strano!) Carmelo Bene ma ha un testo che si potrebbe sentire nei migliori bar comunisti dei paesi da meno di diecimila abitanti, forse con meno enfasi; menzione d’onore anche al «si comprano tutto» di Cazzotti e suppliche. Tra tutte le tracce spicca Slint (ispirata alla traccia Washer dell’omonimo gruppo), che inizia con una parte fortemente autobiografica per poi sciogliersi nelle distorsioni dopo una visione da pastori erranti («dei cormorani / che si tuffano a pescare / incuranti di te»), e finire legati su un letto d’ospedale per un TSO, ricordandosi di sensazioni e sentimenti passati e irraggiungibili.

In un’intervista a rockit, il TdO come un sol uomo parla della concezione ideologica dietro questo nuovo disco, e di come lo spostamento dalla prospettiva interiore a quella politica sia naturale, perché la propria prospettiva personale è in realtà quella nostra, della società: che anzi l’unica prospettiva interiore assumibile da un artista sia necessariamente quella politica in una situazione e un paese come il nostro. E più che Majakóvskij qui si trasla su Stanislavskij: il Teatro degli Orrori sembra che vesta gli abiti dell’intellettuale e continui a comportarsi così sperando che prima o poi il vestito da pensatore gli si appiccichi e davvero diventeranno gli intellettuali del nostro tempo. Però, nel bene e nel male, non ci si può autoproclamare intellettuali, non funziona proprio così.

Ogni tanto si ha l’impressione che con una direzione diversa (scusate) il disco avrebbe potuto essere migliore.
Come con il riuscitissimo esperimento di Obtorto Collo, la parte musicale passa in secondo piano davanti al personaggio Capovilla e al suo carisma. In Il Teatro degli Orrori si ripropone la solita ricetta ma con dosaggi alterati (una dose eccessiva di Pierpaolo Capovilla e delle sue imprecazioni), e nella già citata intervista il Teatro degli Orrori si mostra coeso in questa crociata intellettuale intrapresa. Il risultato è questo: un disco mediocre.
Forse si dovrebbe riconsiderare non dico il percorso ma il tiro del progetto, perché continuando così è possibile che il Teatro degli Orrori cada su se stesso, prigioniero della propria impostazione musicale ideologizzata di cui pochi sentono il bisogno.

Traccia consigliata: Slint