È l’album del riscatto per gli Hoobastank, che avevano raggiunto il successo con il brano The Reason, in seguito a cui erano stati accusati di gravi reati contro l’umanità dallo Stato del Vaticano per aver indotto molti giovani asiatici all’omosessualità.
Fight Of Flight (titolo tratto dalla versione in lingua originale di Harry Potter e l’Ordine della Fenice, il quinto capitolo delle avventure del nostro maghetto preferito che ormai è cresciuto ed è innamorato di Cho Chang, L’UNICA ASIATICA DI HOGWARTS – Un caso? Non credo. Un complotto? Probabile… Aprite gli occhi!!!) è l’ennesimo album della band, ma questa volta c’è qualcosa di speciale: accenni di psych pop, vocalizzi witch house (The Fallen), atmosfere rarefatte figlie della migliore cold wave, chitarrone reggae (epico l’esempio di No Win Situation) e un profondo sperimentalismo avanguardistico che non fa sfigurare gli Hoobastank se paragonati ad altri grandi nomi della scena dream pop afghana come i Muse e Julian Casablancas. Sentimentali, quindi, ma non disdegnano episodi hip$ter-$wag con l’alt-mainstreaming del tenue flow che sconvolge alla traccia finale, The Pressure. Notevoli soprattutto in tutto l’album i vari bassi droppati qua e là come se non ci fosse un fottuto domani, valorosi e implacabili. Anche un’accenno alla Dolce Vita italiana, con Magnolia, una canzone dedicata alle vacanze primaverili del cantante (dichiaratamente cinese dal 30 maggio 2006, data del suo storico outing), che ha passato marzo a Milano a farsi buttare fuori dal Plastic per vari motivi legati principalmente alla sua innegabile sfrontatezza (storia lunga, ma in pratica è un po’ pazzerello). Il momento di massimo genio si raggiunge però in Sing What You Can’t Say, perla assoluta in cui l’electropunk e il freak folk si fondono alla perfezione in un connubio di bassline che definire fighe sarebbe maleducato. Bella cover dei Backstreet Boys con Incomplete, rivisitata in chiave inevitabilmente nu-gaze.
Beh che dire, se non è l’album dell’anno poco ci manca, perché per sfondare serve lo stile e i ragazzi ne hanno parecchio. Più che un disco un capolavoro: mille sfaccettature, mille colori, mille sfumature di marrone merda.

OGNI RIFERIMENTO A PERSONE, LUOGHI E COSE REALMENTE ESISTENTI È PURAMENTE CASUALE.
I TITOLI DELLE CANZONI SONO QUELLI GIUSTI PERÒ.