MU.ZZ.LE è un disco perfetto nella sua modestia, un disco che sorprende e affascina di ascolto in ascolto. Sembra la colonna sonora di una danza esoterica, sembra, in alcuni punti, un disco dei Portishead suonato in lo-fi. L’ascolto è davvero molto corto, dieci brani in ventiquattro minuti: sono indeciso se questa caratteristica dia forza o indebolisca MU.ZZ.LE, perchè come è vero che i dischi lunghi spesso e volentieri fracassano le palle, il terzo disco di Gonjasufi ti lascia con l’amaro in bocca, ne vorresti decisamente di più. Ma niente, è così che funziona MU.ZZ.LE, un lamento continuo sulle stesse frequenze, una pioggia di ricordi che ti bombarda il cuore e ti lascia lì, con le palpebre basse ad aspettare quel lume di speranza che possa farti respirare: no. MU.ZZ.LE parla di sconforto, è apatia suonata, una droga, un tiro di canna che ti stende e ti lascia inerme. MU.ZZ.LE è un disco che colpisce dritto al cuore, è il soul più oscuro che riesci a immaginare, non è nient’altro che tutto ciò che hai sempre odiato: suonato affascina.