Prendi quattro dj/producer affermati e con background simili, mettili tutti insieme a L.A. e falli vivere “ come una famiglia”, aggiungi diversi artisti disposti a collaborare, mescola il tutto e poi pubblica un disco. In teoria il risultato dovrebbe essere esplosivo. Ma la teoria, si sa, troppo spesso non regge il confronto con la pratica!
Future Brown è un progetto composto da Fatima Al Qadiri, J-Cush – fondatore della Lit City Trax – e Asma Maroof e Daniel Pineda – duo già noto come Nguzunguzu. L’idea dei quattro  per quest’album era quella di realizzare una sorta di fotografia multimediale di tutto ciò che negli ultimi anni sta spopolando oltreoceano (street music, rap, grime, world music e così via) e inserirla in un unico disco con sonorità da club. Questa però, non per essere ripetitivi, era la teoria! La realtà invece è qualcosa di ben diverso. I Future Brown hanno affermato che tutto il progetto è stato realizzato in forma molto libera, basato solo sulla passione per il vibe e guidato dai contributi liberi di tutti coloro che hanno collaborato e dai capricci dei producers. “It’s all on accident ” – diceva Fatima Al Qadiri scherzando in un intervista -. Noi invece siamo pronti a dargli ragione senza scherzare!
La verità è che hanno messo insieme un baule di cose potenzialmente intriganti, usandole però in maniera forse inconcludente. Sia ben chiaro, l’esperienza dei producer nella cura e nella produzione si vede e si sente: i pezzi sono costruiti con criterio e curati  bene, ma forse è stata cercata una sintesi eccessiva tra tutti gli elementi. Sarà forse per colpa dei numerosissimi features che rendono il disco una sorta di raccolta (Sicko Mob, Riko Dan, Sahwnna, Timberlee e tanti altri ) o forse per la voglia di eccedere un po’ troppo, ma alla fine le undici tracce sembrano dei pezzi presi da diversi programmi radio e messi li un po’ a caso.
I pezzi di apertura e chiusura si contraddistinguono per il rap eccezionale di Tink, mentre Killing Time e Mvp sono brani mossi da forti tratti R’n’B. In Talkin Bandz troviamo un insieme di beat messi  sotto il “famigerato” autotune di DJ Victoriouz per una specie di rivisitazione di un pezzo gangsta-rap, mentre Speng e Asbestos starebbero bene in qualche dance hall senza troppe pretese. Insomma, va bene non rimanere ancorati  ai dettami di un unico genere preciso, ma almeno, dare un’impronta simile ai brani non sarebbe proprio una cattiva idea! L’unico filo conduttore sembra essere il vago ricordo di una sorta di musica da club della West-coast. Nota positiva? Dangerzone. Sarà merito della voce stupenda di Kelela o di un numero più modesto di strumenti che ne hanno aiutato l’arrangiamento, ma questo è davvero un bel pezzo.
In conclusione, torniamo a quanto detto in apertura: seguendo la teoria quest’album poteva essere davvero una sorta di contenitore pieno di spunti interessanti ottenuti da sound e contaminazioni differenti, ma in pratica non è stato così. Sia ben chiaro, si trattava di un’impresa ardua, ma ci sono andati solo vicini. Più che una fotografia sul meglio della musica contemporanea i Future Brown hanno creato una libreria di suoni rap, grime, dub etc. condensati in un unico disco. Più che il suono del futuro possiamo parlare di un’enciclopedia di tutto ciò che oggi spopola in rete e nelle radio.

Traccia consigliata: Dangerzone.