Le voci che giravano qualche anno fa riguardo un probabile scioglimento, dei problemi attinenti all’uso di stupefacenti e delle liti avvenute tra i due frontmen della band, hanno spaventato gran parte dei fan dei Foxygen, facendo credere a tutti che il progetto avrebbe prima o poi preso la deriva. Ciò che molti non si aspettavano era invece un ritorno simile. La band ha infatti continuato per la propria strada, ormai spianata dal loro We Are The 21st Century Ambassadors of Peace And Magic e perfezionata dall’ultimo album …And Star Power, raggiungendo la quarta tappa di questo enorme viaggio che ha il titolo di Hang.

Sam FranceJonathan Rado hanno voluto cambiare le carte in tavola, munendosi di una semplice orchestra composta da (all’incirca) 40 elementi e dell’aiuto di Steven Drozd dei Flaming LipsMatthew E. White, cambiando definitivamente quel sound indie pop così  melodico che conoscevamo, portando la band verso obbiettivi decisamente più grandi. Di fatto, la prima cosa che viene alla mente dopo il primo ascolto del disco non può essere altro se non: esagerato. Si sente particolarmente che tutti quegli accompagnamenti orchestrali non rientrano pienamente nell’insieme dei suoni, come se si volesse sfruttare il più possibile questo, sminuendo, in un certo senso, la natura del progetto.
I Foxygen sono però riusciti a rinnovarsi, introducendo qualcosa di nuovo. Parliamo dei suoni che tanto ricordano l’Elton John di Goodbye Yellow Brick Road e Caribou o Paul Simon in There Goes Rhymin’ Simon, freschi e carichi di melodie. Avalon e On Lankershim ne sono un esempio con le loro sonorità glam rock, un pianoforte che pian piano fa innalzare quella marea di strumenti che andranno, freneticamente, a dare vita ad enormi ondate di archi e di sassofoni del contemporary R&B degli anni 80.
Accomunabili invece ai Belle and Sebastian più recenti sono il singolo che ha anticipato l’album, Follow The Leader, e  Mrs. Adams, i quali deviano verso ritmi incalzanti e ballabili, mirando ad un obbiettivo pop e sicuramente più tendente al passato.
Col passare del tempo emerge quanto gli arrangiamenti tendano sempre più verso il musical. Con America, infatti, esce allo scoperto la teatralità del disco. È da tenere conto come la band abbia deciso di pubblicare il lavoro durante l’Inauguration Day, visto il testo totalmente critico nei confronti dello stato americano (If you’re living in America, Our heroes are bred, They just got nothing to lose, Because they’re all living in America), e la parte strumentale non è da meno. L’orchestra crea continui cambi di tempo: si salta da un’ambientazione all’altra con marce, melodie strappa-lacrime e jingle da saloon, tutto accompagnato dal canto di France che quasi recita lo sconforto e il senso di smarrimento. Il punto debole è però questa teatralità che incontreremo anche in Upon a Hill, Trauma e Rise Up. Il cambio drastico di quest’album, dovuto a questo voler ottenere troppo in un lasso di tempo così ristretto (32 minuti) fa sì che il tempo non scorra, compresso in tutte queste evoluzioni, gravando enormemente con il rischio di collassare.

Complessivamente Hang è un disco instabile. Pur avendo carattere, i brani dopo qualche ascolto tendono troppo allo spettacolo, perdendo quasi di significato. I Foxygen, però, superate varie incertezze, hanno anche acquisito vitalità, riuscendo a rinnovare il proprio suono che, una volta trovata e perfezionata una stabilità, darà sicuramente ottimi risultati.

Tracce consigliate: On Lankershim