A due anni di distanza da Room Filled With Fire gli inglesi Fanfarlo rimettono in scena quel pop dalle melodie soavi, talvolta screziato di electro, arricchito di archi e fiati e rinforzato da una scrittura sempre apprezzabile, frutto della penna del frontman svedese Simon Balthazar.
In questo Let’s Go Extinct, terza fatica discografica, i testi cercano di ripercorrere un po’ la storia dell’evoluzione umana dalle origini fino alla probabile e in un certo senso pessimistica meta del viaggio: l’estinzione.

Tra trombe e synth pomposi, basso deciso e ritornelli a due voci in rincorsa, i sei minuti di Life In The Sky aprono le danze ponendo solide basi per la continuazione di un ascolto interessato. Le chitarre e i pianoforti acustici che costituivano la trama del buon debut Resevoir sono limitati a sporadiche apparizioni (Myth To Myself e la bella The Beginning And The End), mentre sono gli arpeggi a sei corde elettriche e le derive 80s a costituire il vero scheletro dell’album. Talvolta in maniera palese (Cell Song e ancor più A Distance), altre volte mitigata (Landlocked e The Grey And Cold).

Il giudizio generale non può essere negativo perché indubbia è la vena compositiva (sia musicale che testuale) della band. Il sentore è però di un gruppo che ha saputo creare ottime aspettative agli esordi, ma che su di esse stia un po’ vivendo di rendita, vuoi per un effettivo limite, vuoi per una serie di sfortunati eventi.
Come si suol dire in questi casi a Let’s Go Extinct “manca quel qualcosa”, come forse manca ai buoni ma non eccelsi Fanfarlo in generale. Che siano destinati ad estinguersi?

Tracce consigliate: The Beginning And The End