Basta una manciata di minuti di Just To Feel Anything per bloccare l’album e chiedersi: ma che diavolo è successo agli Emeralds?

La band di Cleveland è, o almeno era fino a qualche giorno fa, uno dei fiori all’occhiello della nuova corrente kraut, brillanti rinnovatori di sonorità new age e kosmische, venuti fuori dalla recente riscoperta dei movimenti elettronici degli anni 70. Attivi dal 2006, attirarono l’attenzione di pubblico e critica nel 2010 con Does It Look Like I’m Here?, un album che tracciava una sorta di ponte concettuale tra minimalismo ambientale, musica cosmica ed elettronica progressiva. Ricco di misticismo e senzioni soprannaturali, riusciva a reinventare e mischiare con freschezza progressioni schultze-iane all’etnicità di Jon Hassell, cogliendo spunti dalla musica spaziale sacra di Constance Demby e racchiudendo il tutto sotto la scuola del maestro Terry Riley.

Nel nuovo LP, privo di personalità e senza un filo conduttore, scompare gran parte di ciò che di buono avevamo visto in precedenza. Le originali atomosfere ultraterrene vengono completamente perse per stada in favore di fredde partiture, quanto mai sterili; le poche idee sono spesso suggestioni sbiadite dai precedenti componimenti. Se Does It Look Like I’m Here? era un album brulicante di vita e trascendenza, Just To Feel Anything è materia morta, pura estetica inerte. L’intero lavoro è inoltre solcato da pacchiane chitarre virtuse, anonime e totalmente scoordinate dalla melodia, ricordando più i pezzi fusion di Steve Vai che le delicate armonie oldfield-iane che cesellavano i vecchi lavori. I synth, ben lontani da creare un’unicità compositiva con il resto, passano da elemento primario ad un ruolo di contorno e supporto, spesso sfociando in scadenti basi techno-ambient o mero sottofondo. Nel bel mezzo dell’album, senza un senso nè un perché, troviamo anche The Loser Keeps America Clean: “esperimenti” cosmici vecchio stile, che fatti con le strumentazioni di ora risultano quantomeno banali. Il finale con Seach For Me in the Wasteland è forse il punto più basso dell’intero LP dove le chitarre vengono addirittura strimpellate in uno psuedo post rock che ricorda molto da lontano Labradford e Mercury Rev.

Se l’intento era “giusto per non sentir nulla” l’album centra il bersaglio, ma il risultato somiglia più ad una compilation new age in televendita piuttosto che al degno sequel di Does It Look Like I’m Here? facendo fare un grandissimo passo indietro e una brutta caduta di stile a questo promettente gruppo.

Peccato!