Devendra vagabondo con la barba e i capelli lunghissimi, Devendra eclettico con la barba e i capelli corti, Devendra con la chitarra acustica che riporta in vita Nick Drake e il prewar folk, Devendra che cambia droghe e diventa un hippy degli acidi anni 60. Devendra giullare, multiforme, strambo, ironico, trasformista, imprevedibile.
Devendra adesso è cambiato, è fidanzato, il nuovo album lo produce tutto a casa sua (cover art compresa) e lo chiama Mala, un nomignolo amoroso con cui Ana Kras, la sua ragazza serba, lo appella nella sua lingua madre, in intimità; ma è oltremodo evidente il rimando allo spagnolo (altra lingua tanto cara all’artista).
Avevo forse detto che Devendra è cambiato?

Già dal gioco di parole contenuto nel titolo è evidente, infatti, come dietro a questo minimal-pop meditativo e raffinato, spesso screziato di folk, si nasconda sempre il piglio ironico e intelligente con cui il cantautore ha sin da principio contraddistinto i suoi lavori.
Devendra stesso precisa che le tematiche delle tracce sono principalmente le difficoltà di coppia, sebbene non siano effettivamente presenti tra lui e la sua dolce metà.
Si fanno dunque largo nel disco le nuove sonorità, caratterizzate ora da una calma e riflessiva chitarra elettrica riverberata, voce profonda e percussioni dolci (Golden Girls, Daniel, Won’t You Come Home), ora da un’atmosfera più ariosa e divertita sostenuta dall’accenno di un basso (Never Seen Such Good Things) e di un synth (Won’t You Come Over, Cristobal Risquez). C’è spazio ovviamente anche per i ponti con il passato (A Gain e l’acustica Mi Negrita con tanto di cantato iberico) e per sperimentalismi (la virata dance 80s di Your Fine Petting Duck, duetto con la sua amata Ana, e la voce effettata di Hatchet Wound).
Cosa lo porti poi a dedicare una ballata acustica strumentale a uno dei suoi skater preferiti (The Ballad Of Keenan Milton) e a far diventare una santa cattolica medioevale una vj di MTv (Für Hildegard von Bingen), penso che nemmeno il suo spacciatore lo sappia.

Mala è un’opera che riporta alla luce l’estro con cui il Devendra ancora capellone e barbuto si era fatto apprezzare agli esordi e che pareva ormai perso dopo gli ultimi album; una fresca strada che viaggia piacevolmente tra le riscoperte abilità musicali dell’artista e squisite novità stilistiche.
Un breve viaggio che vale la pena vivere, come una biciclettata in campagna.

Tracce consigliate: Für Hildegard von Bingen, Your Fine Petting Duck.