Quanto vogliamo bene a Dente non potete neanche saperlo. L’abbiamo sempre visto come uno stacanovista, un irrefrenabile lavoratore che vanta tantissime collaborazioni, inoltre è autore di testi per molti cantanti italiani di spessore. Volete un esempio? Avete presente quella specie di cosa strana con le tette che ha vinto Sanremo quest’anno? Arisa! Eh ecco, per lei ha scritto un brano intitolato Sinceramente che, come prevedibile, è presente nell’ultimo lavoro di quella che si può definire a tutti gli effetti la voce più fastidiosa dell’intera penisola. Ma bando alle ciance, nonostante questa sua dedizione al lavoro ci rattrista il fatto che Giuseppone abbia fatto passare tre anni dal suo ultimo Io tra di noi prima di poter approdare a questo Almanacco del giorno prima.
Questa volta c’è dietro un’etichetta niente male che non scherza a livello di investimenti e cioè la RCA/Sony, a curare le registrazioni e il mix invece c’è il solito Tommaso Colliva, non che ci dispiaccia.
L’attesa e il cambio di etichetta potrebbero lasciar presagire il capolavoro, invece noi siamo qui per mettere quel po’ di zizzania che ci contraddistingue: il disco nel complesso somiglia molto di più ad un insieme di contaminazioni cantautoriali belle e buone che ad un’opera slegata da tutti i trascorsi italici.
Non c’è bisogno di analizzare a fondo le canzoni per capire che soprattutto musicalmente Battisti (Chiuso dall’interno), un non sappiamo cosa di De Andrè (Fatti viva) e quel cantautorato leggermente prog derivato dagli anni ’60 dominino le sonorità dell’intero disco.
I testi, invece, prendono una piega meno ilare rispetto agli album passati (in Al Manak ad esempio non c’è proprio niente da sorridere), che ci sia più Dente in questo disco che negli altri? O meglio, si sa che lo stile compositivo di questo cantautore è basato sull’ironizzare di piccole tragedie quotidiane con giochi di parole immediati e taglienti, ma qui? Non mancano, sia chiaro, fatto sta che il messaggio sembra molto più privato e molto più simile a quello stile che non appartiene di fatto al nostro Fidenzano dalla R moscia che come cavallo di battaglia aveva appunto questo netto distacco da qualsiasi situazione.
Era l’emotività palesata sotto un apparente allontanamento dalla realtà che faceva di Giuseppe Peveri un cantautore particolare e ben distinto dalla massa, per cui secondo il nostro parere la risposta è no, non c’è più Dente in questo disco e anzi forse qualcosina in meno.
Concludendo, nel complesso, non è un disco di merda anche se a livello strettamente personale questa roba ci fa cagare abbastanza duro e quindi il voto è quello che è.
Tracce consigliate: Chiuso dall’interno