Dopo la collaborazione che lo ha visto autore della colona sonora del film This Must Be The Place, discreta ma non certo eccelsa (l’unico pezzo degno di memoria è quello omonimo, che ci risulta essere già stato scritto dal buon David nel 1983, ultima traccia dell’album Speaking In Tongues), il frontman dei Talkin Heads torna in pista con un nuovo lavoro insieme all’interessante polistrumentista Annie Clark, in arte St. Vincent, ex militante della band di Sufjan Stevens. Il mix tra le due personalità artistiche è esattamente come ce lo si aspetta: David Byrne fa David Byrne come di consueto (salvo forse cantare un po’ meglio del solito), lei non fa un cazzo o quasi.

Interessante la scelta di inserire in formazione, sopra ai pattern elettronici di John Congleton e alle consuete chitarrine acustiche alla Talkin Heads, che, indefesse, ogni tanto sbucano, un’orchestra di ottoni, che un po’ gitana alla Bregovic ma anche un po’ free alla Sun Ra, accompagna il duo per l’intera durata del disco. L’idea Pare sia venuta proprio alla signorina Clark, anche se francamente non ci crede nessuno.

Dopo un’opening accattivante ma decisamente easy, seguono un po’ di tracce a caso, noiosette e forse un po’ affrettate per quanto riguarda gli arrangiamenti. Ogni tanto si vede la luce: in I Should Watch TV la coppia Byrne/Clark si ricorda di che cos’è la dinamica, e offre un brano interessante, che, alternando momenti decisamente “UnzaUnza Time” e altri più genuinamente elettronici, riesce a non annoiare. Il disco prosegue fra alti e bassi, nel complesso un po’ piatto anche se pieno di ottimi spunti.

L’impersonalità della voce di St.Vincent riesce ad essere un punto di forza, trovando un buon complementare in quella ultracaratterizzata dell’ex testa parlante.

Gli arrangiamenti mancano di dinamica, salvo rare e lusinghiere sorprese, che, pur non essendo del tutto assenti, non bastano a fare di “Love This Giant” un buon disco, che si presenta -in conclusione- accettabile dal punto di vista compositivo, ma un po’ frettoloso per quanto riguarda tuttoilresto. Annie ha indubbiamente un’ottima tecnica, alla quale viene nel complesso dedicata abbastanza attenzione -tuttavia questo rimane sicuramente un lavoro centoperciiiento David Byrne, che conferma un’altra volta di essere un Artista con la A maiuscola, eclettico, capace di rinnovarsi ma anche di stare al suo posto.

Questo Love This Giant non è certo un album che si farà ricordare, ma rimane comunque un lavoro degno di attenzione, molto più dei ritorni in scena di altri numerosi “bianchi per antico pelo” (vedi Stone Roses), che quest’anno avevano all’unisono finito i soldi per la droga.

E’ legittimo chiedersi cosa ci sia dietro questa scelta di Byrne: a nostra opinione, dopo la discussa collaborazione con Fatboy Slim e quella con il regista Paolo Sorrentino, a David è tonnata una sanissima voglia di FIGA, e, penalizzato dall’età, ha deciso di dedicarsi alle giovani hipster che qua e là si possono trovare svenute in mezzo alla strada lungo il coutryside, come inconfutabilmente conferma il video dell’opening thrack di Love This Giant.