Ah, quanti bei ricordi appena rivedo il nome Dan Deacon.
Correva il lontano/vicino 2007 e una giovane matricola di psicologia mingherlina andava a casa del suo nuovo amico Riky, un punkettone molto molto convinto, che quella sera mi passò un pezzo, totalmente inaspettato da lui, che “ti tirava scemo”.
La prima volta che ascoltai Woody Woodpecker, vuoi la compagnia buona ed i mezzi giusti, mi tirò veramente scemo, mi esaltai in maniera leggermente sproporzionata. Così me lo ascoltai tutto, Spiderman Of The Rings, ma non la stessa sera, sennò qualche sinapsi l’avrei lasciata veramente a casa di Riky: che album, da viaggione colorato che si addiceva alla mia felicissima condizione di matricoletta spensierata. E poi c’era The Crystal Cat che ti fracassava il cervello grazie anche al bellissimo psychocolouredvideo con gli hipster (al tempo termine ancora hipster) che facevano stronzate hipster, molto ricercate eh.
Il tempo passa e Dan lo seguo sempre, vengo ricompensato da Bromst, sophomore con i controcazzi, ancora più libero dell’esordio, sempre più raffinatamente psichedelico. Io nel frattempo cresco, e l’università (e non solo) comincia a diventare molto più pesante di quanto mi potessi immaginare, ma dopo una lunga serie di ostacoli e imprecazioni ce la faccio a finire e, guarda un po’ cosa arriva? Un altro bell’album, America, ma contrassegnato da una strana pesantezza non percepita nei suoi precedenti lavori. Questa affinità con Dan, un po’ mi ha sempre spaventato, e c’è un perchè. Ma magari parliamo solo di lui ora, prima che voi possiate schiacciare il tasto “Apri Nuova Scheda”.
“Salve, sono Dan Deacon da Baltimora, forse vi ricorderete di me per la musica divertente che compongo fatta di trip&tribalismi, voci distorte, synth acidi e glitchate da paura”. E’ esattamente quello che ci aspettiamo da lui, ed è cosi che lo ritroviamo al primo ascolto di Gliss Riffer, titolo a cui lascerò voi l’onore di decifrarne il senso con l’aiuto di Urban Dictionary. A primo impatto la pesantezza di America sembra stata mandata, scusate la grazia, un attimino a fanculo.
Si passa da un’austera copertina fatta da un paesaggio torrido a questa mano/oggetto infantile coloratissima in grado di traumatizzare tutti i bambini degli asilo nido del Maryland in 10 secondi, riuscendo cosi per l’ennesima volta a darci l’esatta immagine del suo lavoro musicale.
Il nostro bel cicciottello dal look cartoonesco ritorna nell’età della spensieratezza, autoproducendosi 8 tracce che sin da subito paiono splendere di luce propria. Il primo singolo Feel the Lightning è l’ottimo segnale di partenza, una voce femminile che intona una dolce melodia sui consueti tappetoni sintetizzati di Dan, caratterizzato da una attitudine pop assolutamente godibile.
Sheated Wings invece è un salto istantaneo indietro verso i primi lavori, ritmo sostenuto e trip assicurato, una metaforica esplosione di colori: impossibile non pensare agli amichetti Animal Collective fatti di qualsiasi roba che suonano senza tregua. Il terzinato malinconico/ipnotico di When i Was Done Dying passa facile facile verso una Meme Generator che insegue tante ritmiche meta-trip-hop riuscendo ad emergere con una propria personalità eterea. Fin qui abbiamo capito il concetto: Dan Deacon ha effettivamente compiuto un isterico salto verso la parte più giocosa e goliardica della sua personalità, pur avendo una consapevolezza dei propri mezzi nettamente superiore.
La seconda parte ci regala visioni più introspettive e dilatate, ed i due momenti più alti dell’album. Il primo è il secondo estratto, Learning to Relax, traccia con il marchio di fabbrica indelebile stampato addosso, che non sfigura di fianco ai piccoli classici che già conosciamo. Il secondo momento è forse il più coinvolgente e riuscito, e risponde a nome di Take It to the Max, che come ampiamente presagire dal titolo è una superba progressione dove ad accendere la miccia è un innocente simil-glockenspiel sintetico che viene assalito prima da tribalismi e poi da acidissime scariche elettriche, per sfociare in una serie di glitch vocali e quant’altro. I migliori 8 minuti di Gliss Riffer praticamente, che volano di fianco alle atmosfere che ci avevano abituato i Fuck Buttons di Tarot Sport (altro viaggio interiore immenso).
Gliss Riffer è decisamente il ritorno convincente e divertito di Dan Deacon, magari non veramente all’altezza di quelle prime due bombe che aveva sganciato tempo fa, ma è un ottimo segnale del suo stato di salute artistica. Che poi, la vera forza di questo album, qual è? L’ipnosi, la forza evocativa, il tentativo di farti tornare indietro con la mente verso la tua giovinezza, con i suoi colori musicali e visivi, con quella velata malinconia che contraddistingue la tua esperienza presente e che senti qua e la tra le tracce.
Insomma si, l’università è finita, hai sempre più pensieri e devi lavorare e devi devi devi all’infinito, ma cerchiamo di non perdere del tutto la spensieratezza e farci risucchiare nel noise/caos di Steely Blues.
P.s.: Scordatevi di ascoltare Gliss Riffer dalle casse del computer o da qualsiasi dispositivo random, stolti: questo salto s’ha da fare con due belle cuffie e tanto relax.
Tracce Consigliate: Take it To The Max, Learning to Relax.