Quando pensi che la musica da poliziottesco abbia un po’ rotto e che dopo tot album la solita formula possa diventare un po’ ripetitiva, ecco che i Calibro 35 mollano i revolver e impugnano le pistole laser. Questo S.P.A.C.E., se siete abbastanza perspicaci l’avrete capito, porta la band italiana oltre l’atmosfera terrestre, in un immaginario da loro ancora non esplorato, che viene affrontato con l’aiuto dei grandi stilemi dello space rock, ma anche portandosi appresso il grosso arsenale strumentale dei nostri.

Il disco inizia nella fusion (quei tocchi di piano elettrico non possono che far pensare alla fusion, dai) con la piccola, preziosa intro di 74 Days After Landing per poi ripartire a razzo con i pezzi più movimentati come la stessa S.P.A.C.E. o Bandits on Mars. Molti pezzi (Violent Venus esempio massimo) fanno pensare che ci troviamo di fronte ai soliti Calibro 35 però con un abito nuovo (una tuta spaziale, ovviamente) e questo è bene e male allo stesso tempo: se ti piacciono i Calibro 35 questa virata verso lo spazio è solo una declinazione in più di un ottimo estro creativo; se non ti piacciono sembrerà un ulteriore tentativo di fare qualcosa di diverso finendo, sotto sotto, a riproporre la stessa solfa. Ogni tanto emergono le atmosfere da spazio profondo: ci sono un po’ in tutte le tracce dei richiami alienanti da Ligeti (colonna sonora di 2001 Odissea nello spazio), ma sono notevoli in pezzi come An Asteroid Called Death e nell’ultima Serenade for A Satellite, e questi momenti siderali si alternano alla solita, ben fatta e ben suonata, musica terrestre.

Se avessero un nucleo musicale più ampio o magari semplicemente più al passo coi tempi i Calibro 35 potrebbero essere una band di punta, una di quelle che da noi si dice manchino, una di quelle da esportare all’estero senza essere uno scimmiottaggio di tendenze angloamericane, e non avrebbero nulla da invidiare ad altre band che girano il mondo. Capiamoci poi, i Calibro 35 musicalmente non devono invidiare nulla a nessuno, girano il mondo pure loro e hanno una resa live pazzesca poi; solo danno sempre l’impressione di poter avere molto di più a livello di pubblico e di non ottenerlo per ragioni misteriose, ed è un peccato. Il nucleo di cui parlavo poco fa però è denso e solido, e il funk scorre potente nella band. S.P.A.C.E. ci fa orbitare intorno al pianeta Calibro 35 per tre quarti d’ora di sola musica strumentale con una facilità notevole.

Tracce consigliate: S.P.A.C.E., An Asteroid Called Death