BRIAN ENO
LUX – Warp Records

Si sa, la vecchiaia è una brutta bestia da accettare, una delle maggiori beffe che la vita ci riserva.
Certo dopo una vita di affanni e fatiche potrebbe essere il meritato riposo, la pausa tanto agognata. Se invece la senilità sopraggiunge a seguito di un’esistenza invidiabile, di quelle che tutti sognano, potrebbe risultare insopportabile dal diretto interessato.
E chi più delle rockstar vive una vita che tutti guardano con gli occhi del desiderio? Per esse, dunque, (se il mio ragionamento piatto e banale funziona) la cosiddetta terza età dovrebbe essere intollerabile; e ogni giorno infatti mi ritrovo sotto agli occhi prove che sostengono la mia tesi: il tanto recente quanto inutile album degli Aerosmith, i continui ritorni sulle scene dei Rolling Stones, i patetici litigi dei New Order, Lou Reed che collabora con i Metallica (con tanto di intervista da Fabio Fazio a seguito), Bob Dylan che fa album e concerti dal paleolitico e non accenna a fermarsi, come del resto la sua demenza senile, Johnny Rotten che fa la pubblicità del burro.
Mi immagino tutti questi personaggi, acciaccati e rugosi, che riguardano non con nostalgia, ma con rabbia, le immagini e i video dei bei tempi andati, con una rabbia che è frutto dell’impotenza oggettiva di tornare ad essere quello che si è stati in passato.

Brian Eno ha 64 anni. Brian Eno è attivo dal 1970. Brian Eno ha una discografia chilometrica. Brian Eno ha pochi, pochissimi capelli bianchi. Brian Eno è una delle colonne portanti della musica ambient. Brian Eno è stato precursore di tante cose (belle).
Brian Eno è (stato), dunque, una rockstar.
Ma non di quelle che facevano cagnara, di quelle che ti sbattevano sfrontatamente in faccia sesso alcol droga ed eccessi. Brian Eno è da sempre stato, nell’apparire e nel raccontarsi, nel fare musica, molto delicato, composto, un signore.
Me lo immagino Brian, seduto di fronte al suo caminetto, che riguarda con occhi sereni e pieni di tenera malinconia le immagini e i video dei bei tempi andati, con la consapevolezza di aver creato qualcosa di grande, di aver donato al mondo una parte di sé.
In tutto ciò Eno ha sorriso, ha visto la Lux. Perché per comporre un disco con questo titolo, a quest’età, dopo una carriera del genere, senza rincorrere chissà che, senza piangersi addosso, senza strafare, senza cercare null’altro se non ciò che si è già trovato anni fa, bisogna proprio essere dei saggi e vegliardi signori pacifici e sorridenti.

Lux è delicato, morbido, leggero. Lux è semplicità di composizione calibrata con esperienza, senza alcun fronzolo, i brani non hanno nemmeno bisogno dei titoli per rivelarsi.
Lux è la colonna sonora che Brian Eno ha voluto per momenti intimi, è la storia che ci ha narrato a mezza voce di fronte al suo caminetto, il racconto che dobbiamo fare nostro, interpretare, tramandare.