128661Etichetta: Parlophone
Anno: 2013

Simile a:
The Libertines – Up The Bracket
Dirty Pretty Things – Waterloo To Anywhere
Miles Kane – Don’t Forget Who You Are

Quanti anni sono che il fatto che Pete Doherty pubblichi saltuariamente qualche album a nome personale o di qualche sua band è diventato solo un fatto accidentale, un pretesto per parlare della sua sempre meno interessante vita? Da quanto tempo molta stampa musicale, di gossip, la colonna destra di Repubblica, cerca di portare avanti la farsa che vorrebbe vendere Pete come erede o macchietta anni zero del “rocker maledetto” (multicit.), nonostante gli anni zero siano abbondantemente finiti e che Pete stesso abbia tranquillamente superato i 27 anni? Decisamente troppi, forse è anche per questo che lo stesso Pete si è da qualche tempo appartato, rifugiandosi a Parigi per sfondarsi di gustosi manicaretti francesi e cercando di comporre ancora, fra una portata e l’altra, qualche canzone che faccia parlare di lui per motivi che non siano fra il patetico e il ridicolo. Cosa non facile, ma stiamo pur sempre parlando di uno che nel bene o nel male qualche inno generazionale l’ha scritto, seppur l’ultimo sia datato circa 2005.

Per cercare di dare un senso alla sua musica e probabilmente alla sua vita, Pete sceglie la strada della quantità: 16 sono le canzoni che compongono Sequel To Prequel (12 nel disco principale più altre 4 in un secondo disco), accumulate nei 6 anni passati dal non entusiasmante Shotter’s Nation. Scelta che stando alle leggende passate, quelle che raccontano di un Doherty del periodo Libertines capace di produrre così tanta musica da non sapere cosa farne, potrebbe anche avere un senso. Purtroppo, come vedremo, anche questi sono tempi andati, e il grande problema di quest’ultimo album è che le canzoni sono troppe, e per buona parte insignificanti. Insignificanti non vuol dire brutte (a parte in qualche caso), ma incapaci di aggiungere niente a quello che sia Pete sia i Babyshambles hanno già prodotto in precedenza, incapaci di lasciare traccia nella memoria, o di dare una ragione per farsi riascoltare.

Non tutto l’album è così: dopo l’apertura con Fireman, unico momento vicino ai primi Libertines la cui energia viene però stroncata dai soli 100 secondi di durata, Nothing comes to Nothing non delude, Farmer’s Daughter fa addirittura sembrare Pete ancora in grado di cantare, Fall From Grace è un’interessante pezzo country, Sequel To The Prequel sembra uscita dalla registrazione di uno spettacolo parigino di cabaret, Dr. No è un intrigante pezzo in cui i Babyshambles riprendono quelle sonorità ska che già facevano parte del loro repertorio. Una volta citate queste 5 canzoni però, non rimane molto, se non una pur pregevole cover dei Velvet Underground sul finale del secondo disco . E purtroppo, con 5 canzoni difficilmente ci si fa un album, e neanche si riporta in carreggiata una carriera musicale che sembra sbandare quanto Pete nei suoi momenti di maggiore fattanza.

Reccomended track: Dr. No

5.2/10