Non saprei proprio da dove iniziare a parlare di Mature Themes. È un disco fantastico, ogni sua canzone è un concentrato esplosivo di ascoltabilità, citazionismo della pop culture dei decenni scorsi, sperimentazione, cazzeggio, genialità e troppa droga. Le prime due canzoni mi hanno gasato manco fosse l’atteso ritorno di una delle mie band preferite (e io sono sempre lo stesso coglione che due anni fa cercava di farsi piacere Round And Round e non riusciva a capire come potesse Before Today avere 9 su Pitchfork; grazie al cielo il tempo mi avrebbe aiutato).
Ogni cosa in Mature Themes è bellissima e magnetica, a partire dalle prime due velocissime tracce, Kinski Assassin, psichedelia irrefrenabile e über-catchy (che nelle sue note più romantiche spezza l’atmosfera con un “I will always, I will always have… virus” e fa rimare senza problemi un “blowjob of death” con un po’ di “meth”), e Is This The Best Spot?, con uno degli intro più gasanti della galassia (“G Spot / H Bomb / G Spot / H Bomb – Let’s go!”).
I testi sono l’ultima cosa a cui bado in una canzone e quindi molti pezzi di Ariel Pink potrei fraintenderli, ma la title track è una parentesi di adorabilità che, nel clima Sixties, sembra voler infilare un po’ di serietà fin dai primi momenti dell’album, facendo scendere anche in campo la malinconia (“My life spent computing and all – oh, hell! / I wanted to be good”). L’atmosfera Sixities si fa sempre più forte nella seguente Only In My Dreams: ancora ritornelli mastodontici, roba che sembra esser tirata fuori da un disco dei Beach Boys.
Driftwood e Early Birds Of Babylon sono un interludio che va a pararla su territori ben più dark, ma anche dove regna l’incertezza e la dissonanza tutto è sempre ricondotto nella strada dell’easy-listening.
Schnitzel Boogie riporta tutto sulla psichedelia più acida, prima di andare dritti alla disco con Symphony Of The Nymph, che, più che parlare di una ninfomane in discoteca, diventa un marcissimo momento autobiografico: “I’m just a rock’n’roller from Beverly Hills, my name is Ariel and I’m a nympho”. Pink Slime continua sulla strada della disco cazzona e psichedelica, mentre Farewell American Primitive ci riporta nuovamente agli anni Sessanta.
Live It Up: la situazione si fa ipnagogica, con un viaggio nello spazio che sconfina nella glo-fi, per quello che è il pezzo che con più probabilità finirà nelle playlist degli hipster-wannabe, ma non gliene facciamo un torto in quanto è un pezzone della madonna. È la volta di Nostradamus & Me, un onirico viaggio cosmico di sette minuti che sembra durare neanche sette secondi, magnifico e instancante.
Sarebbe stata la chiusura perfetta per l’album, ma l’imprevedibilità di Ariel Pink lo porta giustamente a chiudere l’album con Baby, con tanto di guest-vocal, momento più dimenticabile del disco.
Mature Themes è un album da ascoltare e riascoltare ovunque, ogni volta si scopre qualcosa di nuovo e la noia non arriva mai. Con il suo essere fuori dagli schemi, Ariel Pink mette d’accordo tutti e ci regala un’altro grande lavoro.